Probabilmente sapete tutti che il celeberrimo film Blade Runner è tratto dal romanzo Do Androids Dream of Electric Sheep? di Philip K. Dick (pubblicato in Italia con vari titoli differenti). Non tutti, però, sanno che il titolo del film viene da un romanzo di un autore completamente diverso, il semisconosciuto Alan E. Nourse, che pubblicò il suo The Bladerunner (uscito in Italia come Medicorriere) nel 1974, e che in questo scambio di titoli fu coinvolto anche lo scrittore William S. Burroughs. Questi, infatti, si era messo in testa di portare sullo schermo il romanzo di Nourse, e scrisse un testo intitolato Blade Runner, a Movie (l’edizione italiana lo definisce una sceneggiatura, ma in realtà è piuttosto un “trattamento”, cioè un testo che descrive ciò che si dovrebbe vedere nel film, ma è privo di dialoghi o di una divisione in scene). Nessun film fu mai tratto dalla versione di Burroughs. Tuttavia lo sceneggiatore Hampton Fancher ne venne a conoscenza e, quando si trovò a lavorare sul film tratto dal romanzo di Dick, propose al regista Ridley Scott di prendere “a prestito” il titolo (cosa che Scott fece, ottenendo legalmente i diritti).

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Il testo di Nourse/Burroughs non ha nulla in comune col romanzo di Dick e col film di Scott, se non per il fatto di essere ambientato in un futuro distopico. Nell’universo di The Bladerunner non ci sono replicanti in fuga, ma una società che obbliga le persone ad accettare la sterilizzazione, pena la rinuncia a qualunque forma di assistenza medica. I bladerunner del titolo sono corrieri clandestini che forniscono ai pazienti prestazioni mediche da mercato nero.

Nel reinterpretare il romanzo di Nourse, Burroughs ci aggiunge le sue ossessioni personali (per esempio l’omosessualità), e lo rende ancora più “nero”, trasformando l’epidemia di meningite dell’originale in un cancro accelerato che, oltre a deformare e distruggere il corpo della vittima, provoca anche attacchi di frenesia sessuale; il tutto è calato in un contesto politico in cui il sistema sanitario è visto come una forma di controllo volta a eliminare tutti i “diversi” dal punto di vista etnico, sessuale, politico o economico.

Blade Runner, a Movie si può senz’altro considerare un’opera minore di Burroughs, che riprende temi e atmosfere presenti in modo più compiuto in altri romanzi, e che sembra un po’ soffrire della propria natura “ibrida”, allontanandosi spesso da ciò che potrebbe effettivamente essere realizzabile in un film, ma nel contempo senza raggiungere l’assoluta libertà formale espressa nei cut-up di opere come Il pasto nudo.

Il testo è comunque molto interessante, anche per i suoi aspetti profetici. Burroughs descrive, con alcuni anni di anticipo sull’apparizione dell’AIDS, un’epidemia collegata alla sessualità e che colpisce in prevalenza le categorie sociali “indesiderate”, ricostruisce in modo esasperato ma calzante i meccanismi dell’odio sociale e propone una visione paranoica del sistema sanitario, visto come un meccanismo di controllo dominato dal governo e dalle case farmaceutiche, che, letta oggi, appare straordinariamente attuale (anche nei suoi aspetti deleteri, come l’esaltazione di pseudoscienze quali la dianetica o l’orgonica di Wilhelm Reich), mentre c’è gente che manifesta contro le vaccinazioni e le “scie chimiche”.

L’edizione italiana, tradotta e curata da Riccardo Gramantieri, aggiunge al testo una ricca introduzione e note a piè di pagina che forniscono al lettore tutto l’inquadramento storico necessario. Peccato solo che, come purtroppo quasi sempre accade in Italia, la traduzione, per molti versi corretta e attenta alle sfumature di linguaggio, inciampi su banali termini tecnici, per cui una parola comune come “chlorine” viene tradotta con un errato “clorina” invece che con il corretto “cloro”, ed è solo un esempio.

Titolo libro: Blade Runner, un film
Autore: William S. Burroughs
Editore: Mimesis
Anno: 1979 (ITA: 2012)
Prezzo di copertina: €8,00
Pagine: 80
Edizione recensita: ITA

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Marco Passarello

Ingegnere non praticante, lettore (e occasionalmente scrittore) di fantascienza, noto anche con lo pseudonimo di Vanamonde (rubato ad Arthur C. Clarke). Per vivere esercita la dubbia professione del giornalista. Scrive su Nova 24, Pagina 99 e varie testate di settore, Ha fatto parte delle redazioni di Computer Idea e Computer Bild. Blog: (vanamonde.net/blog).

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3 Comments

  1. ricostruisce in modo esasperato ma calzante i meccanismi dell’odio sociale e propone una visione paranoica del sistema sanitario, visto come un meccanismo di controllo dominato dal governo e dalle case farmaceutiche,

    Ma quanto è Foucaltiano questo pezzo? ^.^

    1. Marco è un uomo di cultura ^__^

  2. nello schema dell’assistenza sanitaria si nota un “accenno” al sistema americano !?
    XD

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