Ho sempre reputato il Quidditch uno degli aspetti più originali e interessanti dell’intera saga di Harry Potter: la perfetta commistione fra un aspetto culturale profondamente radicato nella cultura europea, ossia lo sport e nello specifico il calcio, e la necessità di renderlo credibile sul piano fantastico. A J.K Rowling (tuoni e fulmini di fantozziana memoria [per le sue opinioni sulle persone trans che Players non condivide né sostiene in alcun modo, NdClod]) va dato questo merito. Da non fan della saga – non vogliatemene, sono un casual – ho approcciato questo Harry Potter: Campioni di Quidditch esattamente come approcciai, ormai quasi due anni fa, Hogwarts Legacy, ossia con totale leggerezza e curiosità, senza pretese; più o meno. Dico più o meno in quanto l’unica vera aspettativa era la cinetica, quella impetuosità che da sempre caratterizza il gioco del quidditch negli adattamenti cinematografici: botte, colpi di scena, parate inaspettate, ancora botte, inseguimenti del boccino d’oro in stile dogfight della seconda guerra mondiale, insomma, una competizione dura. È riuscito il titolo sviluppato dagli Unbroken Studios ha restituire tutto ciò?

Cominciamo dicendo che questo gioco non è in alcun modo collegato a Hogwarts Legacy. Alcuni potrebbero averlo pensato vista la mancanza di questo peculiare sport nel titolo Avalanche, ma no, non c’è alcun legame. Premesso questo, riesce Campioni di Quidditch a esaltare? A mio avviso sì, lo dico già da ora. Certo, la sua natura concettuale urla multiplayer ad alta voce ed è anche logico se consideriamo quanto i videogiochi sportivi hanno conquistato terreno in termini di gioco online, ma da buon asociale, la mia esperienza con il titolo è stata confinata al solo giocatore singolo, castrandolo in un certo senso, ma divertendomi ugualmente il giusto. Naturalmente non stiamo parlando di qualcosa che rimarrà negli annali, ma personalmente l’ho trovato un gradito divertissement di fine estate, capace di farmi stringere i denti in occasione di una coppa che sì, volevo vincere. In singolo controlleremo tutti i membri della propria squadra (composta da cinque elementi anziché sette), andando quindi a ricoprire ogni singolo ruolo previsto dal gioco; ciò fornisce una sufficiente varietà di gameplay, che quindi non si limiterà a gettare la pluffa al di là del cerchio. Non posso certo dire che il complesso adrenalinico sia stato strabordante, ma è stato comunque sufficiente a restituire al giocatore parte dell’esperienza che chiunque – come me – si sia limitato a guardare i film si aspetterebbe dal quidditch.

Uno degli aspetti che più mi incuriosiva, risiedeva nella gestione del volo su scopa e dei suoi parametri. Non che mi aspettassi la tridimensionalità e il verticalismo di Ace Combat, ma speravo quantomeno che l’ebbrezza del volo rappresentasse un perno attorno il quale il gioco si sarebbe orientato. Da questo punto di vista sono rimasto, diciamo, un po’ deluso: ahimè non si ha quasi mai l’impressione di sfrecciare ad alta velocità. Un’impressione a mio avviso condizionata dalla profondità del campo da gioco, non propriamente immenso come qualcuno potrebbe immaginare da spettatore, e da quell’esigenza minima di tatticismo fatta di passaggi, virate strette (più che virate, vere e proprie derapate) e tackle. Viene spontaneo supporre, quindi, che volare a mach 1 sia a quel punto impensabile. Detto ciò il gioco riesce comunque a intavolare uno scontro dinamico convincente che, senza toccare chissà quali vette, riesce a mettere il giocatore nei panni del cercatore che ha appena agganciato il boccino, del cacciatore che imperterrito sfreccia verso gli anelli avversari, o del portiere che per l’intera durata della partita li mantiene inviolati.

Sul piano tecnico-visivo Campioni di Quidditch è un titolo che non dice assolutamente nulla: modelli limitati, effettistica risalente a qualche generazione fa, insomma non è questo il suo pregio, ma importa davvero? In un’epoca in cui le produzioni, anche le più grandi, faticano palesemente a gestire un comparto tecnico capace di restituire chissà qualche mastodontica esperienza sensoriale, Campioni di Quidditch può tranquillamente esonerarsi da questo: non è di certo la bellezza dei modelli a determinarne la sua semplice bontà.

 



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