“Non c’è una sola donna vivente che non conosca Yoshiya Nobuko” così nel 1935 la rivista Hanashi presentava Yoshiya Nobuko, la scrittrice che conobbe un tale successo e una tale popolarità da riuscire a guadagnare più del primo ministro dell’epoca, la stessa Imperatrice alla domanda su quali fossero le sue letture elencò vari lavori di Yoshiya a testimonianza di quanto la scrittrice riuscì a penetrare trasversalmente nella cultura femminile giapponese.
L’autrice è stata attiva soprattutto a cavallo tra i periodi Taishō (1912-1926) e Showa (1927-1945) ovvero quando la donna giapponese iniziò a conoscere un certo grado di emancipazione: alle ragazze non solo finalmente veniva concesso di studiare, ma erano perfino incoraggiate a farlo: nel 1899 vennero istituite scuole di istruzione secondaria rivolte alle adolescenti, mentre nel 1901 venne inaugurata la prima università femminile. Questa apertura era però dovuta più che al desiderio di rendere davvero indipendenti le donne, a quello di formarle per essere brave mogli, sagge madri e colonne stabili della società giapponese ancora fortemente patriarcale, e in quest’ottica le professioni verso cui venivano indirizzate le ragazze con un alto grado di scolarizzazione erano quelle dell’insegnante o della segretaria, lavori che richiedevano prendersi cura degli altri, far rispettare l’ordine e saper eseguire i compiti assegnati: tutte virtù qualificanti per la futura buona moglie.
La possibilità di studiare ebbe però come effetto collaterale quello di estendere il periodo che intercorreva tra l’adolescenza e la vita adulta, e i lavori di Yoshiya Nobuko, in particolare Storie di Fiori (Hana Monogatari), erano rivolti ed esercitavano una grande attrattiva proprio su queste “ragazze non ancora donne”, le cosiddette shōjo.
Yoshiya Nobuko è stata infatti tra i principali esponenti della cultura shōjo contribuendo a dettarne stilemi e modellarne molte delle peculiarità che ancora oggi la caratterizzano. Tra il 1916 e il 1924 furono pubblicate con grande successo su varie riviste 52 storie raccolte successivamente in un unico volume Hana Monogatari. Nell’edizione Atmosphere troviamo una scelta di 18 storie tra le più rappresentative, incluso il racconto forse più conosciuto ed emblematico: La Rosa Gialla).
Tutti i racconti presentano caratteristiche comuni e un evidente filo conduttore: l’amicizia romantica e l’amore femminile tra ragazze, quasi sempre studentesse, o tra una studentessa e la sua insegnante. L’ambiente prediletto in cui l’autrice fa sbocciare queste passioni è nella maggior parte dei casi quello della scuola, istituti femminili e dormitori per ragazze. Gli amori vengono vissuti con intensità e delicatezza al tempo stesso, e ogni storia descrive in modo lirico e sognante il legame che si instaura tra le protagoniste il cui rapporto spesso è puramente contemplativo con il pudore dei sentimenti a circoscriverne la passione che resta pura e idealizzata.
[…]non so perché non sono mai riuscita a dimenticare la figura di quella persona gentile e amabile come le belle di notte che sbocciano intrise di umidità
La nota persistente che risuona in ogni racconto è sempre malinconica: le ragazze di Yoshiya Nobuko sanno che le loro storie sono destinate a finire nel momento in cui si sarebbe compiuto il passaggio da ragazza a donna, e tale passaggio implicava invariabilmente il matrimonio. Nel racconto Ukonzakura la signorina Sara, poco prima di lasciare l’istituto femminile in cui lavorava, dice alla sua pupilla: “Per favore, rimani per sempre una bambina, non diventare mai grande“, la ragazza probabilmente sta andando incontro a un matrimonio e con questo triste e malinconico appello sintetizza l’intero intento escapistico dei racconti. In Storie di Fiori troviamo un luogo emotivo in cui le ragazze potevano sognare perdendosi nella lettura, mentre le donne già adulte avevano la possibilità di ritornare a un periodo – reale o immaginario che fosse – in cui erano state destinatarie di dedizione e tenerezza. L’autrice vede infatti in quello femminile la forma più pura e alta di amore che le ragazze non conosceranno mai più nella loro vita di donne adulte e mogli.
Nonostante le tematiche potenzialmente in conflitto con una società in via di modernizzazione ma ancora fortemente tradizionalista e patriarcale, i racconti non vennero mai percepiti come scandalosi o sovversivi. La cultura giapponese dell’epoca considerava l’amicizia romantica tra adolescenti un mezzo propedeutico all’amore adulto ed eterosessuale: le ragazze imparavano a entrare in contatto con i loro sentimenti e questo le avrebbe rese più mature e consapevoli nel momento di dedicarsi al matrimonio all’interno del quale avrebbero poi trovato la loro vera dimensione.
A distanza di un secolo leggere Storie di Fiori significa immergersi in un mondo emozionale popolato di creature affascinanti e aggraziate i cui sentimenti sono vividi e palpitanti grazie allo stile dell’autrice, intimo e delicato, che ha regalato a intere generazioni di ragazze un universo narrativo tutto per loro e per quei sentimenti e aneliti che altrimenti sarebbero rimasti inespressi e privi di rappresentazione.
Nota
Storie di Fiori è pubblicato da AtmosphereLibri, la traduzione è ad opera di Paola Scrolavezza.
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