Site icon Players

Silent Hill 2 Remake: La desolazione dentro di noi

Una panoramica della cittadina di Silent Hill in cui spicca un'automobile desolatamente abbandonata nel centro di un parcheggio.

Nel ormai immenso immaginario videoludico collettivo, esistono pochi scenari capaci di stabilire un’immediata connessione con colei o colui che gioca. Ciò può avvenire solo grazie a quel grande gruppo di sensazioni stimolate e/o evocate da immagini e suoni, tanto peculiari e profondi da rimandare instantemente a un determinato ambiente. Una carta d’identità. La cittadina di Silent Hill è senza dubbio uno di quei rari scenari.

Sorvolando sulla genesi concettuale della città, nonché del relativo franchise, possiamo senz’altro affermare quanto la comparsa di Silent Hill sia stata determinante nel definire una nuova forma di scenario orrorifico. Non che altri linguaggi non avessero già esplorato quei lidi ansiogeni; se pensiamo al cinema o alla letteratura appare chiaro quali e quanti possano essere i riferimenti stilistici dietro la serie. Eppure, quando parliamo di videogiochi, Silent Hill (questa intesa come luogo e non come opera) rappresenta una testa di ponte, l’introduzione di un nuovo canone estetico.

A differenza di altre opere, su tutte Resident Evil, Silent Hill pone il/la protagonista in un limbo: una realtà costantemente in bilico fra il reale e l’irreale, il tangibile e l’intangibile, dove l’orrore non è soltanto materico – e quindi fisico – ma è, per l’appunto, sensoriale; emotivo. Un’astrazione personale delle proprie turbe. Il disagio e il buio celato dentro ognuno di noi che si proietta all’esterno. Da questo punto di vista Silent Hill rappresenta senza troppi forse una delle opere più potenti e viscerali che siano mai state realizzate.

Quando è stato annunciato il suo remake, come molti, sono saltato sulla sedia. Non voglio assolutamente parlare della deriva contemporanea del mercato videoludico, che attinge a grandi opere passate in mancanza di idee fresche: questa è per il sottoscritto una mezza cazzata. Piuttosto lo vedo come il tentativo di protrarre la vitalità di alcuni capolavori, svecchiandoli e rendendoli ancora più potenti attraverso le tecniche contemporanee [poi ci sarebbe l’enorme discorso della conservazione del videogioco… NdClod]. E nonostante i dubbi iniziali, dovuti a trailer decisamente poco invitanti, il risultato del sempre più chiacchierato Bloober Team è stato notevole a dir poco. Come sempre andiamo per gradi.

Vieni a Silent Hill…

Il canovaccio narrativo è lo stesso. Stessi personaggi, stessi mob e stessi scenari. È un remake decisamente fedele; e lo dico a tutti coloro a cui preme sapere soltanto questo.

Ciò che questo remake però esalta, a mio avviso più dell’opera originale, è la tensione – e per estensione la sua gestione. Silent Hill 2 fa paura, tanta paura. E non prova mai o quasi mai a terrorizzarti ricorrendo a bassi espedienti, come i jumpscare per esempio, che sono pochi e trascurabili. La vera ragione del perché Silent Hill 2 risulti terrificante sta tutta nell’incredibile regia dell’opera, quindi la sua scrittura, le sue musiche, il suo level design. Come ho detto sopra, Silent Hill poggia interamente sulle suggestioni e le emozioni. Suggestioni alimentate costantemente da quella singolare serie di elementi propri del franchise, a partire dalla radio che attraverso un crescendo di suoni statici avverte della presenza nemica nei paraggi. Questo elemento, in particolare nelle prime fasi, può risultare un grande aiuto, se non fosse che contribuirà enormemente a costruire la tensione, divenendo un suono opprimente, quasi fastidioso, che non può essere banalmente modulato (non possiamo né abbassare né alzare il volume di quel suono), ma al massimo potrà essere disattivato, rendendoci però “sordi” alla presenza nemica.

Il tentativo di comprendere la natura distorta della città, che il protagonista del primo capitolo James ricordava tanto diversa, così come le amenità che ora la abitano, costituiscono solo parte dell’enorme alone misterico che ci avvolgerà non appena usciremo dalla toilette nel prologo. L’opera è criptica, così come lo è l’animo frammentato di James. Un purgatorio esistenziale. L’espiazione di un peccato mortale che comprenderemo atto dopo atto, man a mano che sprofonderemo nel dedalo psichico che la cittadina ci proietterà di fronte. Un dettaglio cardinale quello della proiezione, attorno a cui si costituirà l’intera esperienza di gioco.

Silent Hill 2 è un’opera tutt’altro che facile da metabolizzare. Il gioco ci pone costantemente dinanzi a dubbi che sfocheranno ulteriormente la nostra già labile comprensione degli eventi. Ciò nonostante, saremo comunque stimolati a continuare, a discendere questo complesso labirinto mnemonico; poiché l’attrazione per l’intreccio, per la diegesi degli eventi, è praticamente maniacale. In tal senso un ruolo apicale è svolto dai pochi personaggi che incontreremo, a partire da Maria. L’impatto che questa avrà nei confronti di James è qualcosa che ci percuoterà nel profondo. Ero perfettamente consapevole di Maria, così come dell’intera mitologia dietro Silent Hill 2, eppure, come se fossi completamente digiuno da ogni elemento, la sua comparsa in scena mi ha scosso enormemente. Lo sguardo attonito di James di fronte a quella figura, al suo modo di esprimersi tanto uguale ma al contempo tanto diverso da… [SPOILER! NdClod]

La componente umana in Silent Hill è un contraltare a quella sovrannaturale, ammesso che di sovrannaturale si parli. Le amenità che da sempre distinguono il franchise sono pressoché note a chiunque, e Blooper Team riesce efficacemente a rievocare quel folklore, dando smalto a ogni singolo mob che infesta gli strati turpi della cittadina, fra cui il suo più iconico essere, una delle figure più prominenti dell’intera storia del videogioco: Pyramid Head. Il suo lento incedere, le sue movenze innaturali e a tratti meccaniche, il suo raggelante mutismo, nonché il suo intrinseco simbolismo. “IL” boss, per antonomasia; l’incubo definitivo.

Sentite anche voi le sirene?

Come per l’opera originale, un altro ruolo di assoluto protagonismo è svolto dall’ambiente. Silent Hill 2 è l’incarnazione di una mestizia viscerale, una prospettiva costantemente desolata, umida, capace di evocare dentro ognuna/ognuno di noi le suggestioni più negative; un riflesso sottoforma di spazio e tempo del nostro più nero inconscio. I luoghi che visiteremo sono, giusto per ribadirlo, gli stessi: il Brookhaven Hospital, la Prigione, l’Hotel Lake View etc. Dei posti storici potremmo dire, consegnati per merito al gotha del videogioco, a cui il team polacco non manca mai di rispetto riproponendoli in una forma e sostanza rinvigorita. Ogni angolo di ogni metro quadro calpestabile trasuda abbandono e dolore. Un lavoro di level design certosino e senz’altro encomiabile, figlio dell’ormai rodata famigliarità del team in fatto di scenari horror (vedasi The Medium, Blair Witch e Layers of Fear).

Un videogioco è pur sempre un videogioco, e senza un gameplay all’altezza anche l’opera meglio scritta e diretta può perdere attrattiva. Fortunatamente, su questo fronte, fatta eccezione per piccole sbavature a mio avviso risibili, l’opera si lascia giocare senza grandi difficoltà, proponendo una fluidità nei movimenti e un gunplay se non notevole, senz’altro buono. Più che sufficiente per permettere al/alla giocatore/giocatrice di godere dell’esperienza sin in profondità. Peraltro il gioco possiede un alto grado di accessibilità, quest’ultima non intesa esclusivamente come difficoltà, rompendo tutte quelle barriere a mio avviso abiliste, che ancora infestano il panorama videoludico.

Silent Hill non è stato e mai sarà Silent Hill senza le sue firme stilistiche più note: abbiamo la nebbia, la radio, il Pyramid Head… e le musiche. Fortunatamente, negli anni audio e musica stanno ritagliandosi uno spezio via via sempre più rilevante nella critica, complice anche l’alto livello qualitativo di molti componimenti. A tal riguardo Silent Hill è da sempre ritenuto un punto fermo, grazie soprattutto (se non esclusivamente) al maestro Akira Yamaoka, che in questo remake è riproposto in tutta la sua grandezza. Silent Hill è ormai legato a doppio filo con il compositore giapponese, in quanto è anche merito suo se oggi il franchise è considerato angolare per un’ampia fetta di persone.

Per cui, sì, Silent Hill 2 Remake è un ottimo titolo, perfetto non soltanto per tutti/e coloro che per la prima volta si avvicinano alla serie, ma anche a tutti quei nostalgici a cui quelle atmosfere, quei suoni e quelle immagini tanto mancano, e perché no, a tutti coloro che come il sottoscritto sentono di vivere ogni giorno nella loro personalissima Silent Hill.

Link Amazon.

 

 

 



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
Exit mobile version