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Anora: finchè denaro non ci separi [SSIFF]

Da Cenerentola a commedia (vagamente) black, senza ritorno. Dopo The Florida Project e The Red Rocket, Sean Baker esplora il mondo delle sex-workers: lap dancers in uno strip club che offrono spettacoli privati ai clienti. Corpi ed erotismo senz’anima finché – la vita insegna – non irrompe l’amore. Almeno così sembra.

Anora (Mickey Madison) balla e si spoglia per portare avanti un ménage che non ha niente di appagante. Ma è giovane e ha ancora speranze. Si fa chiamare Ani e ha radici russe. Così quando Ivan (Mark Eydelshteyn), figlio di un oligarca, arriva nel locale, il boss manda Anora a intrattenerlo.

Lui le piace: è giovane, finalmente qualcuno che non ha il doppio dei suoi anni. E anche lui è coinvolto: la invita a casa, una villa gigantesca in cui fanno l’amore a pagamento in maniera imbranata, meccanica, ma a modo suo coinvolgente.

Sembra l’inizio della classica Cinderella-story. Ivan, che pur ha la tendenza a farsi ipnotizzare dai videogame dopo il sesso, la paga 15.000 dollari per stare con lui una settimana come fidanzata. Vanno a Las Vegas, e si amano fra droghe, alcool e party in piscina. Poi, quando la settimana finisce, una proposta di matrimonio che parte come un gioco ma diventa serissima. Lui vuole la cittadinanza americana per non dover tornare in Russia e lavorare col padre. Lei può sistemarsi. È evidente che sono innamorati: una logica win-win in cui trionfano i sentimenti.

Ma dopo il matrimonio a Las Vegas, i problemi arrivano in fretta. C’è qualcosa di troppo naïf nell’ostinata convinzione di Anora di poter vivere felici e contenti: come può la ricchissima famiglia di Ivan non opporsi alle nozze?

Quando il suo padrino, che vive a New York, interviene per conto della famiglia con due tirapiedi di dubbia intelligenza, è chiaro che l’idillio ha le ore contate. Sembra il preludio a un dramma sentimentale sull’amore contrastato, o forse a una virata più dura e violenta. Invece no. È qui che Baker sterza e – sulle prime – ci disorienta. Spande ironia caustica dove potrebbe esserci brutalità e rende la parte centrale del film in una corsa contro il tempo in cui ogni personaggio ha obiettivi diversi. Perché Ivan in realtà, quando la delegazione familiare gli piomba in casa con un’insistenza verbosa e irritante, alza i tacchi e chiede ad Anora di seguirlo una volta sola. Poi si butta addosso una giacca e scappa. Il grande amore era solo una patacca?

Mickey Madison trasforma il personaggio del titolo in una ragazza che non ha niente di remissivo: si abbandona all’amore ma anche agli eccessi della vita di Ivan, all’occorrenza alza le mani, urla e impreca. Eydelshteyn, pur in un ruolo meno importante del previsto e vagamente ingrato, ha la fisicità per essere definito il Timothée Chalamet russo. E il film diventa una sorta di farsa concitata che parla (anche) di come il denaro possa calpestare i sentimenti.

Anora freme, è elettrico, resta a fuoco pur nei suoi eccessi di verbosità e quando sembra volontariamente sfiorare l’assurdo. L’ostinazione petulante della delegazione mandata a separare Ani e Ivan urta i nervi e diviene insopportabile: bisogna saper seguire la messinscena e riderci sopra. Al festival di San Sebastian, dove il film è passato fuori concorso dopo il trionfo della Palma d’oro a Cannes, il pubblico ha infatti optato per le risate.

Tranne che nell’epilogo, amaro e speranzoso, pieno di compassione ma improvviso: arriva come uno schiaffo dopo che Sean Baker ci ha fatto intravedere – per poi negarcela – la possibilità di altri due o tre finali. Fino ai titoli di coda, Anora è come le montagne russe: devono piacerti e devi esserci abituato.



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