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The Flash arriva in ritardo

Primo piano di Ezra Miller nel costume di Flash

Chissà se Andy Muschietti è riuscito a vedere Spider-Man: Across the Spider-Verse prima dell’arrivo in sala del suo The Flash e cosa ha pensato. Già, perché le due pellicole hanno diversi punti di contatto, dall’esplorazione multiversale alla ricerca di degli snodi cruciali (e spesso luttuosi) che costituiscono l’essenza dei propri eroi, ma differiscono parecchio nella riuscita finale. Se infatti la pellicola d’animazione prodotta da Sony è figlia di un percorso produttivo ben solido, il buon Muschietti non può dire lo stesso del suo film di Flash.

L’elenco di cambi di direzione e controversie in cui è finito in mezzo The Flash è piuttosto lungo, dai comportamenti del suo protagonista Ezra Miller al cambio di vertice del DCEU che ha probabilmente mutato o stravolto il ruolo del film nel contesto del più grande affresco cinematrografico della DC Comics. Va riconosciuta a Muschietti la capacità di aver tenuto tutto insieme comunque, in qualche modo, abilità confermata dalla notizia che sarà lui a dirigere il prossimo Batman: The Brave and The Bold, ma non si può ad ogni modo spingersi fino a dire che The Flash sia un film riuscito. 

La sequenza di apertura sembra quasi un corto a parte all’interno dello stesso film e nonostante la presenza di diversi ospiti dalle fila della Justice League, è Flash a prendersi la scena con un lungo salvataggio che porta lo spettatore all’interno della speedforce: questa sarà di gran lunga la sequenza mogliore e più significativa del film. Si avverte subito il taglio netto con lo SnyderVerse e più in generale con l’approccio serioso e oscuro che ha caratterizzato finora i film di Superman & co., ma l’ironia iniettata nell’universo DC è spesso fin troppo adolescenziale, benché Flash si ritrovi presto a passare parecchio tempo con una versione di se stesso in teoria poco più che ventenne. Questo è uno degli aspetti su cui Gunn dovrà sicuramente lavorare di più, ma le fonti di ispirazione che ha citato finora e soprattutto il tono della sua (splendida) Suicide Squad rappresentano ottime garanzie. 

Forse dunque il problema all’origine di The Flash è il mediocre fumetto a cui si ispira (Flashpoint, che davvero non mi sento di consigliare a nessuno), una storia di viaggi nel tempo e multiversi che arriva sul grande schermo a trend ormai prosciugato e quel che è peggio a pochi giorni dall’uscita di un film della concorrenza che ha saputo innalzarne il concept a vette probabilmente irraggiungibili per chiunque (pur prendendo spunto da una storia altrettanto mediocre).

Saggiamente dunque The Flash si rassegna (almeno a tratti) a essere un film auto-contenuto, che a un certo punto inizia a girare su stesso senza nemmeno avere troppe colpe, a causa di un orizzonte narrativo che è stato sfilato dal piatto mentre la macchina da presa era già al lavoro. Il continuo spiegone in cui i suoi personaggi si infilano ogni qual volta ce ne sia l’occasione per illustrare i concetti del multiverso a un pubblico che di quei concetti stessi ha ormai fatto una scorpacciata al punto da stancarsene è un’ottima cartina tornasole di come The Flash sia paradossalmente arrivato in scena fuori tempo massimo e con poco da dire. 

Muschietti ha cercato dunque di porre rimedio ad avvenimenti fuori dal suo controllo con una regia abbastanza solida, un ritmo sostenuto e qualche momento ben riuscito, accompagnato da una spruzzata di retronostalgia e camei eccellenti da cui resta escluso praticamente solo il povero Henry Cavill. Dal canto suo, Ezra Miller fa un lavoro più che buono, recitando una doppia versione di sé per buona parte della durata del film, mentre è difficile affezionarsi alla Supergirl di Sasha Calle, non tanto per mancanze dell’attrice, quanto per colpa di uno script che non la valorizza, ma anche per la consapevolezza che difficilmente il suo personaggio avrà un futuro. 

Non resta dunque che affidarsi all’affetto per il Batman di Micheal Keaton e le altre vecchie (e non solo) incarnazioni cinematografiche degli eroi DC Comics che trovano modo di fare un’apparizione e strizzare l’occhio allo spettatore, ma anche in questo Flash arriva tardi, agganciandosi in coda a un filone già ampiamente sfruttato da altri. In tutto ciò, il lavoro compiuto da Muschietti ha del miracoloso nel riuscire a tenere in piedi tutto, muovendosi in equilibrio precario su un file teso sopra un limbo. Il The Flash arrivato sul grande schermo è un film che non ha un suo posizionamento preciso nei confronti di un contesto più grande a cui in ogni caso si rivolge costantemente, mentre spende un sacco di energie per cercare di avviare o far funzionare un dialogo in questo momento impossibile. 

Paradossalmente e nonostante l’enorme profusione di sforzi, The Flash funziona meglio quando si rassegna a “parlare da solo”, o al massimo con e del proprio protagonista, benché ciò avvenga di rado. Considerando la sua natura di prodotto tra due epoche, tra due visioni e tra due (e più) fuochi, The Flash esce se non vincitore, quanto meno non sconfitto: era facile prevedere un disastro, invece Muschietti e Miller (quest’ultimo con un grande aiuto di WB che sta facendo di tutto per ripulire la sua immagine, privilegio che ad altri attori con ogni probabilità non toccherà) portano a casa un pellicola per buona parte divertente, riuscita davvero solo a tratti, ma in ogni caso sopravvissuta a una corsa a ostacoli che le ha impedito di raggiungere la propria velocità di punta. 

 



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