Nella selezione libraria di maggio 2022: storie di paperi, topi e onomatopee, un paio di viaggi dall’altra parte del mondo in treno o in battello, un tuffo nel passato giusto in tempo per un’eruzione vulcanica, uno sguardo diverso dal solito all’Eurovision e il ritorno di un Pulitzer da tempo fuori catalogo. Ma tanto so che a questo punto state solo canticchiando la sigla dei Ducktales, perciò non indugiamo oltre.
Il libro del mese: Un’educazione paperopolese di Valentina De Poli
Tra le tante cattive abitudini che accompagnano le nostre vite digitali c’è quella di apostrofare il maramaldo di turno, chiaramente impegnato a diffondere notizie falese e tendenziose, con un’odiosa domanda: “Ma lei dove l’ha letto, su Topolino?”. Un dubbio capzioso, che sottende con malizia una certa quale ciarlataneria tra coloro che, settimanalmente e con inaudito impegno, confezionano storie ed editoriali della storica rivista Disney (ora Panini). Il tentativo invero piuttosto gaglioffo di tacciare l’ignoranza altrui rivela dunque, ahimè, la propria: Topolino è in realtà un pilastro della cultura italiana, popolare e non, di giovani e meno giovani come il sottoscritto. Se la mia vi sembra un’affermazione parossistica potrebbe non bastarvi la confessione che buona parte delle parole vergate in questo paragrafo le ho apprese in tenera età leggendo Topolino: per convincervi, dunque, meglio leggere Un’educazione paperopolese, il commosso e sentito resoconto scritto da Valentina De Poli dei suoi 11 anni alla direzione del settimanale. Un’immersione in un mondo fatto di grandissimi autori (Scarpa, Cavazzano, Ziche, solo per citrne alcuni), grandissime storie, e soprattutto una grandissima cura editoriale, basata su dettagli quali attenzione agli accenti, alle parole, ai temi, al presente, ai personaggi. Una macchina quasi perfetta che ha portato nel tempo almeno una manciata di quegli albetti con la costina gialla nella casa di ogni italiano, dando vita a un approccio inedito alla narrazione di topi e paperi divenuto nel mondo uno standard da seguire. Sia che vogliate scoprire i retroscena della nascita di PK, sia che vogliate arricchire il vostro bagaglio di aneddoti da snocciolare agli aperitivi per apparire sagaci, questo è il libro di maggio 2022 che dovreste leggere.
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L’eclissi di Hong Kong di Ilaria Maria Sala.
Il 2022 di Ad Editore è stato ricco di novità, a partire dal logo. In un articolo di qualche mese fa, Il Post ha raccontato con dovizia di dettaglia la traiettoria di questo cambiamento. Uno dei primi segnali del nuovo percorso dell’editore torinese è rappresentato dalla neonata collata Asia: “storie e saggi per avvicinarsi a luoghi del mondo che stanno vivendo una trasformazione accelerata e travolgente dal punto di vista politico, sociale e tecnologico”. I libri pubblicati sotto questa etichetta sono tutti accomunati da una linea grafica ricercata e ammaliante, grazie al progetto grafico realizzato da NERO. Asia ha esordito ad aprile con All’ombra del dragone, di Sebastian Strangio, mentre a maggio hanno raggiunto gli scaffali delle librerie La torre di Bae Myung-hoon e L’eclissi di Hong Kong di Ilaria Maria Sala. Quest’ultima, autrice e giornalista italiana che collabora con il Guardian e Internazionale, vive da oltre 25 anni a Hong Kong. L’esperienza accumulata in città le ha consentito di tracciare un interessantissimo saggio a cavallo tra l’etnografia e la topografia. Partendo da un’introduzione che fa il punto sugli ultimi, turbolenti anni di Hong Kong, dal “ritorno alla Cina” dopo un lungo periodo di controllo britannico fino alla recentissima repressione e alle leggi che puntano a limitarne la libertà e l’autonomia, Sala scende poi sul suolo della città, calpestandolo insieme al lettore come farebbe una guida turistica. Si parte dallo Star Ferry, il battello un po’ retrò con cui si arriva, ma dai cui ponti si può prima ammirare lo skyline modernissimo, poi tracciare una mappa dei quartieri della città, dei loro significati e soprattutto delle persone che li vivono. I luoghi di Hong Kong per Ilaria Maria Sala sono pretesti per raccontare le persone, gli aneddoti significativi, ma anche episodi recenti, le cui implicazioni affondano nelle radici città che da secoli vive tra due mondi, ed è passata da una dominazione a un’altra obbligata ad adattarsi, o persino a piegarsi: dalle aggressione ai cittadini vestiti di nero nella notte del 21 luglio, ad esempio, ci si può ritrovare catapultati indietro nel tempo fino alla guerra dei sei giorni. L’eclissi di Hong Kong è una miniera di informazioni a noi per lo più ignote, raccontate lo stile appassionante del diario di viaggio e unite tra loro secondo collegamenti che generano sincero e piacevole stupore.
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La fortuna di Valeria Parrella
Non solo saggi tra i nostri libri di maggio 2022: la narrativa reclama il suo spazio attraverso La fortuna di Valeria Parrella, romanzo storico che racconta in prima persona diciassette anni, dal 62 al 79, della vita di Lucio, futuro senatore. Due date parecchio significative per Pompei. La prima, il 62, è l’anno del violento terremoto, durante il quale si dice che la terra inghiottì un gregge di seicento pecore, ma anche l’anno in cui il nostro Lucio nasce. Il 79 è una data altrettanto celebre e altrettanto tragica: in quell’anno infatti gli abitanti della cittadina alle pendici del Vesuvio scoprirono la vera natura di quello che avevo sempre creduto un monte rigoglioso. E la natura è un tema certo caro a Lucio, perchè da un lato la natura stessa gli ha riservato un corpo malato, cieco da un occhio, dall’altro però lo ha destinato per nascita alla nobiltà, e dunque al Senato. La natura a cui ambisce Lucio, tuttavia, è quella del mare. La fortuna è un libro che di sicuro, per ambientazione e voce narrante, si discosta decisamente dalla precedente produzione letteraria di Valeria Parrella, ma in cui è non è difficile ritrovare alcune delle tematiche da sempre la contraddistinguono, oltre al solito grande a more per Napoli e per Pompei, di cui è profonda conoscitrice.
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Eurovision Song Contest: una storia europea di Dean Vuletic
Qui in redazione la febbre da Eurovision è arrivata per merito di Elisa, una delle più grandi cultrici della manifestazione nel nostro paese, da molto prima che fosse cool fare nottata per seguire quel sottile rito di geopolitica applicata al televoto. Nonostante la fonte di ispirazione sia il Festival di San Remo e a dispetto delle tre vittorie, per lungo tempo l’Eurovision è stata una faccenda che abbiamo osservato da lontano, anche con l’approccio un po’ snob di chi non muore dalla voglia di mischiarsi a quel carrozzone kitsch e sopra le righe: ah, come cambiano le cose le vittorie! Ma dicevo, nonostante il nostro sguardo un po’ superficiale, Eurovision rappresenta dal 1956 un interessante caso di studio sulle dinamiche politiche, sociali e di costume che hanno attraversato l’Europa in oltre mezzo secolo. Ed è proprio questo il punto di vista utilizzato da Dean Vulteic e del suo saggio pubblicato da Minimum Fax: l’Eurovision Song Contest come punto d’osservazione privilegiato sull’Europa, o meglio sull’Unione Europea. Giovani, spesso giovanissimi, che osservano anno dopo anno il cantiere del progetto europeo perennemente in divenire, mentre in primo piano si agita l’evoluzione del prodotto televisivo e musicale.
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Casa fatta di alba di Momaday Jemez Pueblo
Black Coffee, giovane casa editrice indipendente, riporta in libreria Casa fatta d’alba con una nuovissima e suggestiva copertina: uno sfondo totalmente nero su cui svetta la figura di un nativo americano il cui vestito, in un gioco di collage, rimanda ai rossi canyon del nord America. Quello di Casa fatta d’alba è un ritorno sugli scaffali, dopo l’edizione del 1995 di Guanda, ormai esauritissima (e molto meno intrigante dal punto di vista grafico, va detto). Il romanzo, primo scritto da un nativo americano a vincere il Pulitzer, racconta il drammatico e tormentato ritorno nella riserva di Abele, dopo l’esperienza della Seconda Guerra Mondiale vissuta come soldato dell’esercito USA. Lo stress post traumatico di Abele è di sicuro figlio delle atrocità del conflitto, ma anche del contatto prolungato con l’uomo bianco e del suo approccio alla vita impostato secondo gli schemi del predatore e della preda. Nato come raccolta di poesie, solo dopo diverse stesure Casa fatta d’alba ha infine assunto la forma del romanzo, incorporando al suo interno esperienze personali del suo autore, Momaday Jemez Pueblo, rielaborazioni di fatti realmente accaduti e parti totalmente frutto dell’immaginazione.
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Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi
Dopo Più segreti degli angeli sono i suicidi e Inciampi, Ferrovie del Messico è il terzo romanzo di Gian Marco Griffi, pubblicato questa volta da Laurana. Anche se, forse romanzo gli va un po’ stretto. Sarebbe più calzante descriverlo come un’epopea. Un lungo (lunghissimo, oltre 800 pagine) viaggio tra i continenti al fianco di uno smisurato cast di personaggi e comprimari. Al centro c’è Mario Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria, incaricato dall’alto (molto in alto) di redigere una mappa completa delle ferrovie del Messico. Così il Magetti parte da Asti, nel 1944, in direzione Sud America, portando con sé il suo immancabile mal di denti, in un viaggio non solo tra i continenti, ma anche tra le epoche attraverso continui salti a ritroso verso gli anni ’20 e ’30. In equilibrio tra il tragico e il comico, Griffi espande il proprio racconto come un frattale, storie che generano storie che generano storie, in un’espansione che a tratti pare indomabile e inarrestabile, comemil continuo apparire di nuovi personaggi che calamitano l’attenzione del lettore con le loro traiettorie inattese. Ferrovie del Messico è un libro che si muove su binari letterari che solcano un confine, a cavallo tra le ispirazioni letterarie alte (Pynchon, Miller, Gadda) e il buon buon romanzo popolare, condotto da un macchinista che non ha nessun intenzione di fermarsi prima di aver spremuto anche l’ultima parola dalla sua ispirazione.
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