“Nessun uomo è un’isola” rifletteva John Donne e istintivamente siamo tutti d’accordo con lui. Già, ma cos’è un’isola? Le nozioni base della scuola ci istruiscono sul fatto che un’isola è una porzione di terraferma completamente circondata dall’acqua e situata in un oceano, mare, lago, laguna, fiume. Eppure, come ci spiega eloquentemente Alastair Bonnett in Oltre le Mappe, non è esattamente così e non è per nulla scontato potersi affidare a una definizione univoca che metta d’accordo tutti.
Per i vichinghi, esperti navigatori, un’isola era tale solo se una barca con tutta la lunghezza dei suoi remi aveva spazio per navigare nel tratto di mare che la separava dalla terraferma; nel 1861 gli scozzesi, dediti più alla pastorizia che all’attraversamento dei mari, hanno elaborato una definizione sensibilmente diversa: un’isola è un’isola se il lembo di terra da cui è formata consente il pascolo di almeno una pecora. Naturalmente geografi, cartografi e naturalisti hanno da dire la loro, così come i politici, perché parliamo pur sempre di un luogo che in qualche modo deve ricadere sotto una giurisdizione territoriale.
A queste condizioni quello che sembra semplice si complica, e questo avviene per l’insopprimibile desiderio dell’uomo di conoscere, padroneggiare, capire, mappare per l’appunto. Ecco, quindi, che i titoli scelti da Bonnett per i suoi (finora) due volumi non solo sono descrittivi del contenuto, ma suonano anche su una nota vagamente anarchica: Fuori dalle Mappe e Oltre le Mappe.
Ma quindi cosa c’è oltre le mappe? Ovviamente dei luoghi, ma anche un’intenzione, uno stato d’animo e un anelito a essere in un posto che – sulle mappe – non è, o che addirittura ha caratteristiche diverse o invisibili a seconda dell’osservatore. È il caso degli eruv, spazi codificati dall’ebraismo ortodosso, ma che per il passante disinteressato vengono attraversati inconsapevolmente. Nota infatti l’autore che il trovarsi in un luogo particolare senza rendersene conto è una conseguenza diretta del multiculturalismo: gruppi etnici differenti considerano in modo diverso l’importanza delle frontiere o delle identità geografiche. Un luogo può dunque essere sulla mappa per qualcuno, ma fuori dalle mappe per altri.
Oltre le Mappe offre al lettore un punto di vista insolito su 39 luoghi raggruppati in cinque sezioni che trattano di altrettante tipologie di luoghi, siano essi intesi come spazi che come sistemi: le isole ribelli, le enclave, le utopie, i luoghi fantasma e i luoghi nascosti. Nell’attraversare questi posti – anche solo scorrendoli sotto forma di pagine del libro – emerge l’atavico anelito dell’uomo non solo alla scoperta, ma anche alla necessità di creare egli stesso dei luoghi, degli spazi da modellare in risposta a un’idea o una filosofia di vita. Pensiamo al caso delle utopie: dall’immateriale cyberspazio che ospita Second Life a Christiania, che per 40 anni è esistita ai margini della legge danese finché non è stato trovato un compromesso normativo che consentisse ai suoi abitanti di non snaturare la loro visione dello spazio, e allo Stato di poter regolarizzare, almeno sulla carta, un luogo reale e sfuggente al tempo stesso.
Oltre le Mappe offre un excursus tra luoghi e non luoghi che sono tali perché frutto di leggende, miti, o perché rappresentano le ultime vestigia di antiche civiltà e culti scomparsi. Ma quello che rende il compendio di Bonnett molto più di un elenco di curiosità e spunti per armarsi di spirito di avventura e partire, è un invito ad alzare gli occhi dalle mappe e interrogarsi sulla stratificazione di significati, culture, leggende e perfino ere geologiche che rendono unico, ma non univoco, anche il meno remoto e più prosaico dei luoghi.
“D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda” scrive Calvino nelle Città Invisibili, e Oltre le Mappe è una piacevole e interessante esortazione a relazionarci con gli spazi partendo da ciò che ci muove nel profondo.
Oltre le Mappe è pubblicato da Blackie Edizioni, la traduzione dall’inglese è a cura di Michele Primi.
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