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Un’uscita inusuale rispetto agli schemi forse troppo rigidi de L’altra biblioteca, dovuta a una serie di ragioni che si sono sommate in una sola: non avevo la testa per mettermi a scrivere un pezzo coerente sul libro che avevo calendarizzato, Capri di Lea Vergine.
Quindi poche frasi per cinque libri di piccolo formato, in ordine decrescente di lunghezza.
Il mondo dell’arte di Sergej Djagilev (Marsilio, a cura di Olga Strada, 121 pagine)
Magari pensi di non aver mai sentito parlare di Djagilev, però se hai ascoltato Prospettiva Nevski di Franco Battiato in realtà sai di chi si tratta: l’impresario dei Balletti Russi che si innamorò del danzatore Vaslav Nijinskij. Un’altra distinzione, se la memoria non mi inganna: Djagilev e il suo collaboratore Léon Bakst sono le uniche personalità culturali all’epoca ancora in vita che appaiono con il proprio nome nella Recherche.
Oltre ad aver dato al mondo l’opera d’arte totale rappresentata dai suoi Balletti, Djagilev è stato anche un importante critico immerso nei dibattiti del suo tempo, come dimostrano i quattro brevi articoli contenuti in questo libricino (L’altra biblioteca si schiera a favore della variante con una C sola), che ruotano intorno ad argomenti come la ricerca della bellezza e l’utilità di un progetto artistico. “Chi può negare il significato sociale dell’arte, questa vecchia e incontestabile verità?” si chiede monsieur de Djaghileff: il suo tempo non è così distante dal nostro.
Acque torbide di Higuchi Ichiyō (Jouvence, traduzione di Paola Cavaliere e Atsuko Azuma, 70 pagine)
Influenzata dalla letteratura classica, Higuchi Ichiyō è una delle prime scrittrici giapponesi dell’epoca moderna a lasciare un segno, nonostante una produzione e una vita spezzate dalla tubercolosi che la uccise a ventiquattro anni. Acque torbide, l’unico suo racconto che possiamo leggere in italiano, si muove tra i vertici di un triangolo: l’inquieta cortigiana Oriki; Genshichi, un cliente innamorato di Oriki anche dopo esserne stato rovinato finanziariamente; il signor Yuki, un nuovo cliente che potrebbe affezionarsi alla ragazza. Corredato da un esauriente apparato di note e da un glossario, Acque torbide è il ritratto malinconico e privo di romanticismo di un ambiente spesso frainteso dagli occidentali.
Una donna intransigente di Jole Calapso (Sellerio, 35 pagine)
Chi è Maria Giudice e perché dovresti interessarti a lei? Le due domande hanno un’unica risposta: Maria Giudice (1880-1953) è stata una delle figure più importanti del Partito Socialista prima della tenebra mussoliniana. Diplomata maestra (professione che rappresentò un passo verso l’emancipazione anche per Ada Negri — tuttavia, a differenza di quest’ultima, Giudice non fu mai attratta dal fascismo), divenne poi giornalista, direttrice di giornale e propagandista socialista. Se ti interessano quelle che Luce Irigaray chiamava “genealogie femminili”, ti farà piacere conoscerne una non metaforica: sua figlia è la scrittrice Goliarda Sapienza, che si ripromise spesso di scrivere di lei.
La pestilenza di Paolo Volponi (Via del Vento, a cura di Marco Rustioni, 32 pagine)
Mesi fa ho scoperto non solo che Jens Peter Jacobsen, l’autore di Niels Lyhne, aveva scritto un racconto intitolato La peste a Bergamo, ma anche che il racconto è stato tradotto almeno due volte in italiano. Purtroppo non sono ancora riuscita a metterci sopra le mani, però mi è venuta voglia di leggere un libricino che include due racconti di Paolo Volponi ambientati al tempo della peste boccacciana: il primo, La fonte, segue il destino dei pittori senesi Ambrogio e Piero Lorenzetti; il secondo, Una suora, le avventure dell’eponima giovane donna e di sua figlia.
La Guardiana di Patrizia Cavalli (Nottetempo, 22 pagine)
Patrizia Cavalli è uno dei nomi più celebri della poesia italiana contemporanea e il suo lavoro mi piace molto per la sua giocosità. Il libricino contiene due componimenti: il brillante e sensuale La Guardiana (“se io avessi inventato / il suono giusto, il giusto combinarsi / di parole, fossi riuscita nella / descrizione, saremmo entrate in due / in quell’invenzione”) e Aria pubblica, in difesa delle piazze romane. Se ti piacciono, puoi passare a una raccolta più sostanziosa.
Martedì 22 giugno è mancata la fotografa, traduttrice, scrittrice e monaca buddhista Giulia Niccolai. Scrittrice è una definizione imprecisa, visto che Niccolai si è concentrata soprattutto su una poesia caratterizzata da una leggerezza demistificante che mi ha sempre attratto. Nel settembre del 2020 ho scritto qui su LAB del suo unico romanzo, Il grande angolo, che mi sembra tuttora troppo poco letto rispetto a quanto meriterebbe. Può essere affiancato a un certo tipo di narrativa statunitense (Adler, Didion) che, a livello tanto temporale quanto tematico, anticipa: era uscito nel 1966 per la collana Le comete di Feltrinelli.
Ne approfitto anche per segnalarti tre pezzi che ricordano Giulia Niccolai: su Doppiozero, quello di Marco Belpoliti insieme a uno scritto più personale di Silvia Mazzucchelli; Andrea Cortellessa su Antinomie.
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