Fino a non molto tempo fa, anche i giochi e le passioni dei bambini erano strettamente regolamentati dalla divisione maschi/femmine: le bambole erano per quest’ultime, mentre ai primi dovevano piacere passatempi più virili, come le macchine. Oggi, nel 2021, per fortuna in diverse parti del mondo inizia a diffondersi il pensiero che ciascuno possa essere semplicemente ciò che vuole essere. E Fast & Furious 9: The Fast Saga non vuole essere solo un film di macchine. No, Fast & Furious 9 voleva essere Wrestlemania, e ci è riuscito.
Per i non appassionati della disciplina, Wrestlemania è lo show più importante dell’anno della WWE, la più grande federazione di wrestling occidentale. È uno show che spesso trascende il combattimento predeterminato tra atleti per inglobare al suo interno perfomance musicali, ritorni a sorpresa, comparsate di vecchie glorie e il culmine delle storyline annuali della compagnia che convergono verso un finale roboante, ricco di colpi di scena, voltagabbana e momenti drammatici. Ah, e John Cena, lui non può mancare mai.
Non è dunque un caso che proprio John Cena sia il grosso (in tutti i sensi) nome nuovo ad aggiungersi in questo nuovo capitolo della saga di Fast & Furious, che ormai funge da polo attrattivo di star, attirando al suo interno tutti i big del action hollywoodiano non ancora sotto contratto con il MCU. Il wrestler di Boston è chiamato a vestire i panni di Jacob Toretto, fratello di Dom (Vin Diesel) di cui si scopre l’esistenza durante i primi minuti della pellicola, al termine di una spettacolare missione di recupero a cui Dominic e Letty (Michelle Rodriguez) sono stati rapidamente convinti a partecipare da un SOS lanciato da Mr. Nobody (Kurt Russell) prima di precipitare a bordo di un aereo.
Come il franchise impone, in Fast & Furious 9 tutto accade velocemente, un po’ per riuscire a condensare tutto quello che il film vuole essere in due ore e venticinque minuti, un po’ perchè lo spettatore non ha alcun bisogno di riflettere su ciò che accade: le cose succedono perchè devono succedere e sprecare più di due righe di dialogo per spiegarle è tempo perso, che potrebbe essere impiegato invece per riprendere inseguimenti automobilistici in giro per mondo o bellissime donne poco vestite vicino a livree lucenti. Decisamente più appagante.
La pellicola di Justin Lin, tornato a dirigere un film della saga dopo Fast & Furious 6, è sfacciata, di quella sfacciataggine infantile che conquista. La trama è un orpello, un pretesto per far succedere cose (spesso esplosioni) sempre più grosse e spettacolari, un mezzo di locomozione verso il prossimo inseguimento costellato di mcguffin, punchline e deus ex machina che serve a portare lo spettatore lì dove l’azione si compie, dal Messico a Tbilisi. Per risolvere un problema basta un vecchio amico, per scoprire il luogo dello schianto basta uno zoom su una croce e non esiste un bunker abbastanza supersegreto dove la sorella di Dom, Mia (Jordan Brewster) non possa apparire dal nulla.
Non importa nemmeno che nella origin story gestita attraverso frequenti flashback le proporzioni fisiche dei due giovani Dom (Vinnie Bennett) e Jacob (Fin Cole) siano completamente sballate rispetto alle loro controparti adulte: è la magia del cinema, in cui la finzione diventa realtà e tutto ciò che Fast & Furious 9 sembra chiedere affinché ciò avvenga è di crederci per poco meno di due ore e mezza.
Non è un caso dunque che Cipher (Charlize Theron) a metà della pellicola chiuda uno scambio di battute col villain di turno, che si era appena paragonato a Ian Solo, rivelandogli che “Se fossimo in un film, tu saresti Yoda: un pupazzo”, o che Roman (Tyrese Gibson) cerchi di convincere Tej (Ludacris) della loro invincibilità, perchè nonostante le situazioni assurde e pazzesche in cui continuano a essere coinvolti, ne escono sempre senza nemmeno un graffio. Sono accenni di un’autoconsapevolezza talmente profonda da consentire alla saga di superare ogni limite dell’assurdo già fissato in un precedente capitolo senza mai perdere contatto con la (propria) realtà. Se siamo in un film, vale tutto, l’importante è stupire.
Nato come remake non ufficiale di Point Break con le auto al posto del surf (un vero e proprio genere a sé a Hollywood), Fast & Furious è rapidamente diventato altro, allargandosi a macchia d’olio per assorbire al suo interno l’intero genere action, ovviamente nella sua declinazione più tamarra. Fast & Furious 9 prende a bordo, senza pensare nemmeno per un secondo di nasconderlo, Avengers, Mission: Impossibile, persino un po’ di 007 e tracce di Blues Brothers (impossibile non pensarci durante l’inseguimento finale, con le auto che schizzano attirate dal magnete e la polizia a sirene spiegate in coda al corteo). E proprio perchè non si prende sul serio mai, nemmeno per un secondo, funziona.
Poi c’è il wrestling, da cui Fast & Furious 9 prende molto di più del co-protagonista e delle mosse coreografate nei combattimenti corpo a corpo. Justin Lin riesce perfino a fare ciò che la compagnia di wrestling da cui John Cena proviene non ha mai osato fare: consentirgli di indossare i panni del cattivo. Certo tutto è transitorio nell’universo narrativo di Fast & Furious, proprio come sul ring, e come già accaduto in passato a Jason Statham, anche Cena appare destinato a inserirsi nel meccanismo dell’eterno ritorno della saga, questa volta nelle fila dei buoni del clan Toretto.
Perché, in fondo, non c’è limite che F&F non possa superare. Qualcuno potrebbe pensare che una volta sconfitta la morte, con il ritorno di un personaggio amatissimo dato per morto da diversi film (spoilerandolo nella locandina), e dopo aver letteralmente superato il limite del cielo, l’asticella sia ormai fissata troppo in alto. E invece basterà solo aspettare il prossimo capitolo per capire come Fast & Furious ci riuscirà ancora un’altra volta: probabilmente scagliando un’auto veloce, a pieni giri, là dove nessuno ci aveva mai pensato.
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