Non saprei dire se il cyberpunk, come corrente stilistica e letteraria, abbia avuto flessioni in quanto a popolarità. C’è stato senza dubbio un periodo in cui godeva di un certo seguito, in particolare nel momento in cui era connotato anche da posizioni morali oltre che estetiche. C’era la guerra fredda, e immaginare un mondo “diversamente” diviso faceva strano. Eppure quella deriva transumanista sconvolse le abitudini creative di molti, compresi quegli uomini e quelle donne che già ai tempi mettevano in dubbio numerosi aspetti della vita consumistica. Giocando, o meglio dire, rigiocando oggi Observer: System Redux ho avuto sostanzialmente due reazioni: una puramente tecnica e una decisamente morale. Procediamo con ordine.
Più di una semplice remastered
Observer: System Redux è, per chi non lo sapesse, la riproposizione next-gen dell’ottimo Observer pubblicato per multipiattaforma nel 2017. Anche in questa nuova incarnazione la regia dei polacchi Bloober Team (la Polonia leader indiscussa della nuova wave cyberpunk) è encomiabile, proponendo una delle migliori esperienze cyberpunk in seno a un videogioco. Così come fu per l’originale, Observer: System Redux non brilla per varietà e libertà ludica, non a caso siamo su lidi tecnici completamente differenti rispetto a titoli come Cyberpunk 2077 o Deus Ex; tuttavia è proprio in questa sua staticità che risiede l’ottima direzione artistica del gioco, che impiegherà pochi minuti a farci dimenticare qualsiasi dinamismo tipicamente action. Al contrario il gioco ci farà immergere in una declinazione del cyberpunk che non avrete mai visto.
Cracovia 2084, la Terra è un Eden digitalizzato, gioia e dolore di tutti coloro che da tempo hanno abbandonato la naturalezza della carne. Trovare un comune cittadino sprovvisto di impianti è talmente raro che i pochi rimasti hanno assunto fattezze sacre, praticamente religiose. In questa società accelerata, cupa e classista, un morbo di origine artificiale meglio noto come nanofagia, miete vittime proprio fra coloro che hanno fatto ricorso all’impiantistica; praticamente chiunque. Questa minaccia, sommata al decorso di un imponente conflitto globale, ha portato al totale disfacimento della fibra sociopolitica della Polonia, con la conseguente ascesa di un topos che la letteratura cyberpunk, politica come non mai, ha rapidamente sublimato a male assoluto: il corporativismo.
Le corporazioni, o meglio, le MEGAcorporazioni amministrano il mondo intero, Polonia inclusa. In questa cornice, l’autoritarismo che ne è conseguito ha portato all’istituzione di forze di polizia del tutto singolari, per l’appunto, gli Observer. Questi individui – verosimilmente esposti in maniera molto Blackmirroriana – rappresentano lo zenit in fatto di interrogatori. Di fatto gli Observer possono, mediante un particolare impianto, entrare nella testa degli indagati. Libero accesso ai ricordi, ma anche alle sensazioni, innocenti o sinistre che siano. Un metodo estremo, invasivo e che difficilmente potremmo comprendere. Una forma di coercizione che esplica in tutto il suo orrore la natura distopica dell’opera.
Noi interpreteremo Daniel Lazarski, Observer veterano, il cui volto prestato a interpretarlo era nientemeno che del compianto Rutger Hauer (uomo che in fatto di cyberpunk qualcosa sapeva). Nei panni di Daniel riceveremo una preoccupante chiamata da parte di nostro figlio, Adam, individuo controverso di cui Daniel non aveva notizie da tempo. Da questa premessa si innescherà il gigantesco turbine narrativo che ingoierà tutti, noi compresi.
Stilisticamente in bilico fra thriller e horror, Observer: System Redux è quanto di più originale esista in fatto di cyberpunk nei videogiochi: una costante dicotomia, quella fra il mondo reale e il piano che, per comodità, definirò onirico. Ogniqualvolta entreremo nella testa di qualcuno, ciò che ci verrà mostrato sarà un dedalo di strutture e sensazioni, spesso orrorifiche. Questo, combinato all’atmosfera generale, ci catapulterà in un’esperienza decisamente al cardiopalma.
Osservare e analizzare
Sul lato gameplay Observer: System Redux non apporta nulla di realmente diverso rispetto alla controparte del 2017. Nel gioco infatti, attraverso una visuale soggettiva, non dovremo far altro che muoverci e trovare indizi. Questi definiscono una delle logiche ludiche del gioco: interagire con l’ambiente al fine di individuare un frammento del puzzle. Questi frammenti costituiscono lo schema investigativo su cui Observer si basa, nient’altro. Per individuarli il gioco ci offre due peculiari potenziamenti: scanner biologico ed elettromagnetico. La prima visuale ci offre la possibilità di individuare, per esempio, tracce ematiche sopra una superfice; la seconda invece ci permette di captare eventuali sorgenti elettroniche, come dispositivi informatici. L’alternanza di queste due soggettive è tanto interessante quanto a volte ridondante. Naturalmente l’interazione con l’ambiente genererà una deduzione da parte del nostro investigatore, mai banale e senz’altro incalzante.
È proprio nell’interazione ambientale che risiede, a mio avviso, una delle poche criticità dell’opera: aprire e chiudere uno sportello, così come interagire con il pomello di una porta, risulta eccessivamente scomodo e macchinoso. Capita frequentemente di dover riallineare più volte il nostro personaggio all’oggetto che si intende esaminare, muovere o aprire. Ho in oltre percepito un certo alleggerimento della difficoltà complessiva nelle fasi di hacking: decisamente più complesse nell’esperienza originale, qui ridotte a semplici rompicapi numerici.
Come accennavo poco fa, in Observer: System Redux il fulcro del sistema sta nella capacità degli Observer di penetrare nella mente degli indagati. Ciò è reso possibile da un dispositivo noto come Mangiasogni. Nella dimensione neurale in cui questo ci catapulta dovremo muoverci – a volte persino a caso – nel tentativo di raggiungere la nostra verità, spesso funestata da una deformità che ci darà la caccia. Qui il gioco ci presenta l’unico espediente del gioco a rappresentare per noi un pericolo. Se l’essere ci raggiunge è game over. Per questo dovremo ricorrere a fasi stealth, non particolarmente comode, ma senz’altro impattanti grazie soprattutto al contesto in cui vengono inseriti.
Un meraviglioso diorama oscuro
La Cracovia che il Bloober Team (di cui è atteso a breve The Medium) ci mostra è un meraviglioso diorama oscuro. È su questo fronte che si mostra la vera natura di questo System Redux: la veste grafica.
Tutto è visivamente migliore, dalla qualità strutturale degli edifici, agli effetti visivi che luci e ombre creano in relazione all’ambiente. Tutto è illuminato in maniera certosina, quasi capillare, conferendo alla città la giusta veste grafica per essere rappresentata in un contesto cyberpunk. Gli hardware di nuova generazione hanno permesso al team polacco di esaltare tutta l’estetica distopica che con l’originale non erano completamente riusciti a mostrare; tutto ha più senso.
Il cyberpunk dovrebbe illuminarci
Tornando alle due considerazioni accennate nell’introduzione, posso concludere confermando l’altissima confidenza artistica del team, che è riuscito nella difficile impresa di migliorare un’esperienza già ottima di suo. Le poche problematiche riscontrate non hanno in alcun modo complicato le sessioni di gioco. Al contrario, sono emerse riflessioni sul suo mondo che, anni fa, ignorai completamente. Ho parlato di una considerazione morale, quale? Observer mostra un mondo terribile, questo completamente privato della sua dignità e della sua morale. Da cosa lo deduco? Dal fatto che gli esseri umani sostituiscono parti del proprio corpo? Certo che no. Non è quello il problema e mai lo sarà, bensì lo è ciò che ha ridotto l’uomo a forza lavoro, a carne da macello da mandare in guerra – durante le indagini è possibile leggere mail e documenti a dir poco raggelanti riguardo le condizioni di vita di operai e soldati –. Un’ideologia che ha distrutto la collettività in favore di un individualismo tossico e svilente
. Non occorre aggiungere altro, chi vuol capire capisca. Il cyberpunk è un manifesto, e prima o poi lo capiremo.
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