Macerie prime. Sei mesi dopo comincia dove il precedente Macerie prime si era concluso, ovvero con il distacco di Zerocalcare dal suo gruppo di amici, e questi ultimi alle prese con un concorso che potrebbe cambiare in meglio le loro vite. Sei mesi dopo il gruppo si ritrova per visitare la neonata figlia di Cinghiale, che sembra aver fatto in qualche modo pace con sé stesso e con il suo essere diventato padre di famiglia. La voragine apertasi sei mesi prima però, è ancora presente, tangibile e profonda…
La prima cosa che sovviene, pensando al secondo volume di Macerie Prime – Sei mesi dopo è che per una volta, dividere le opere, a differenza di quanto successo al cinema con Loro, tanto per citare il primo esempio che mi viene in mente, è stata un’ottima idea. E’ un po’ come sulle montagne russe: prima si sale e si rallenta, poi, scavallata la cima, si scende sempre più velocemente, fino ad arrivare in fondo, esausti ma soddisfatti. Succede ai protagonisti della storia e anche al lettore, che dopo essersi bevuto a tempo record la pagine del volume (impossibile interrompere la lettura, si vola spediti e convinti fino al the end) attraversa diversi stadi: emozione, attesa, paura, panico, eccitazione e liberazione. Se la missione di un autore è quella di intrattenere e far riflettere il proprio pubblico, Zerocalcare, tra uno sticazzi e l’altro, c’è riuscito alla grande anche questa volta.
Innumerevoli sono i momenti “da ricordare” di questo Macerie Prime – Sei mesi dopo, a cominciare dalla più efficace spiegazione di sempre del termine Schadenfreude (mai usato nel libro, peraltro) ossia il piacere derivante dalle disgrazie altrui, che vede protagoniste di un dialogo serrato Sarah e la sua compagna, rappresentata con le sembianze di Sailor Uranus. Il resto, meglio non spoilerarlo.
Macerie Prime – Sei mesi dopo chiude tutte le sottotrame secondarie che avevano caratterizzato il primo volume: non solo quella degli amici di Calcare ma soprattutto quella del vecchio e del bambino che vivono nell’universo alternativo “a-la-Ken” popolato da bestie feroci e minacciato da un villain più feroce di Thanos (si fa per dire). Proprio quella storia nella storia, che aveva, da quanto letto in giro, lasciato in molti perplessi, risulta, ora che è “completa”, effettivamente molto efficace per interpretare e spiegare la “poetica zerocalcariana” (argh). Insomma, non era messa lì tanto per ma aveva uno scopo preciso (che si intuisce a metà di questo volume).
Devo essere sincero: essendo molto più panda che armadillo (chi ha letto capirà), faccio un po’ fatica a digerire il finale della storia, che (cosa che paventavo già dai tempi del primo volume) appare un po’ troppo lineare, prevedibile, “buonista” e semplicistico, capace di rendere un po’ meno efficace la strepitosa narrazione del primo volume e di tre quarti di questo secondo. Ma è il parere di un misantropo.
Macerie prime, inteso come opera unica, è una scommessa ambiziosa e sostanzialmente vinta: conferma l’abilità di Zerocalcare nel leggere, rappresentare, descrivere e soprattutto spiegare il presente, cosa che da tempo immemorabile non riescono fare nè autori più blasonati, nè la stampa o la televisione (per non parlare dei nuovi media, tutti costantemente impegnati nell’abbassare quell’asticella che Michele Rech prova, a suo modo, a tenere alta), diverte e fa pensare. Anche dalle macerie insomma, si può costruire qualcosa di buono…
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