Il retrogaming ha un ricco passato e un ancora più florido futuro. Il motivo è semplice: anno dopo anno…si invecchia e col passare del tempo le fila dell’esercito dei giocatori diventano sempre più numerose. Se fino a qualche anno fa per retrogaming si intendeva un ristretto insieme di giochi, console e computer (e specifico computer, non PC), oggi può capitare di comprare un numero di Retrogamer, la celebre rivista inglese che tratta sologiochi del passato e che ha oramai più di dieci anni di pubblicazioni mensili alle spalle, e trovarci in copertina l’Xbox (la prima, ovviamente). Nulla di strano, appunto, visto che la generazione nata con la Playstation comincia ad avvicinarsi alla trentina, quella che ha visto nascere il videogioco domestico alla cinquantina e che pure i millenials, tra lo show di uno youtuber, uno stream su twitch e una sessione a Overwatch o PUBG, magari riescono a infilare anche una partitella a Bubble Bobble su qualche emulatore.

Tutte le aziende videoludiche hanno capito che il settore può portare grandi profitti con piccoli sforzi: Nintendo è passata dalla virtual console alle mini-console, tutte le maggiori softco hanno in catalogo decine e decine di remake, collection e compilation e ogni scusa è buona per ributtarle sul mercato, spesso con ottimi risultati di vendita. Lo scenario retrogamico però, è rimasto legato da sempre a modalità di fruizione classiche, per non dire obsolete: qualsiasi piattaforma permette di comprare quasi qualsiasi titolo, spesso a prezzi stracciati, ci sono i bundle, a voler fare i piratozzi c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma anche questa seconda ipotesi resta comunque limitata ad una cerchia di smanettoni, perchè anche il più semplice degli emulatori richiede una seppur minima conoscenza “tecnica”, senza contare che poi è necessario sapere dove andarsi a cercare le rom, come installare i programmi etc.etc.

A cambiare radicalmente le cose arriva Streabit, una start up italiana che ha la missione di rendere accessibile a tutti il retrogaming e che ha recentemente vinto UniVenture, un progetto dell’Università di Pavia che mette in rete Università, startup e grandi imprese. Streabit, in poche parole, è una piattaforma web per accedere e giocare in streaming ad una ampia libreria di grandi videogiochi del passato. Ancora più in breve? Una Spotify del videogioco. Mentre Microsoft e Sony si arrovellano su come far passare il concetto di videogioco come “servizio ad abbonamento”, Streabit lo proporrà per il retrogaming. Come per Spotify ci sarà una versione free con un limitato numero di features, che potranno essere sbloccate con il pagamento di un piccolo abbonamento.

La cosa interessante, sul fronte videoludico e dei contenuti, è che Streabit declinerà, almeno inizialmente, il retrogaming nella sua accezione più essenziale, partendo dalle migliaia di titoli che giacciono nascosti in qualche sito di abadonware e che nessuno si è preso la briga di rilanciare, solo perchè magari le società che li pubblicarono al tempo sono fallite ed è quasi impossibile risalire ai detentori dei diritti. Attualmente infatti, visto che l’intera operazione è legale al 100%, Streabit sta “inseguendo” i pionieri dell’era a 0,4,8 e 16 bit, per ottenere il placet alla ripubblicazione di un patrimonio ludico in larga parte inesplorato, specie dalle nuove generazioni (ma anche dalle vecchie, quand’ero bambino mica avevo modo di provare tutti i giochi che uscivano).

Mentre oggi, indie a parte, la stragrande maggioranza dei titoli è pubblicata da una manciata di grandi aziende, ai tempi di Spectrum, Commodore 64 e Amiga o di computer e console meno celebri, anche i best seller erano spesso opera di un pugno di programmatori e di softco poco organizzate e strutturate che apparivano e sparivano nel giro di pochi anni (ricordate la Imagine? Ecco appunto). Il bello è che Streabit non si limiterà a proporre decine di titoli, ma ne ottimizzerà gli input a seconda del device utilizzato, visto che come sappiamo, giocare su smartphone e su Pc sono cose ben diverse. La società sta raccogliendo le prime adesioni e la Beta iniziale sarà pronta fra poche settimane. A questo punto non resta che attendere e capire se a breve vedremo in metropolitana o sul tram persone intente a giocare a Over the Net invece che a Candy Crush.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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