Se posso immaginarlo, allora tenterò di cavarci fuori una rubrica. Per festeggiare il mio primo anno di fantascientifiche considerazioni qui su Players, ho pensato di trasformare retroattivamente il mio primo post nell’episodio pilota di una vera e propria rubrica a cadenza annuale, da abitudinaria quale sono, nuova tappa del mio mai concluso tentativo di rendere la science fiction and fantasy (SFF) desiderabile e nota quanto merita tra i lettori smaliziati di Players.
Rieccoci qui dunque a parlare di Hugo e Nebula Awards, i due premi più prestigiosi della letteratura di genere e importante termometro per capire cosa ha conquistato critica e pubblico nell’annata precedente.
Prima di cominciare quello che solo un piccolo sunto della categoria più chiacchierata, miglior romanzo, è bene fare un paio di precisazioni. Innanzitutto alcuni romanzi contrassegnati da una sottolineatura hanno ottenuto la doppia nomination, il che è indice di un successo consolidato sia tra il pubblico che tra gli addetti ai lavori.
Non bisogna mai dimenticare che gli Hugo Awards vedono come votanti i lettori che si sono iscritti, pagando una piccola quota, alla Convention annuale in cui verranno assegnati i premi, ottenendo il diritto di nomination e voto per due anni, mentre i Nebula vengono assegnati dalla Science Fiction and Fantasy Writers of America (SFWA), ovvero da scrittori professionisti di genere. Entrambi i premi inoltre fanno riferimento solo al mercato in lingua inglese.
Il romanzo vincitore dei Nebula è stato annunciato il 14 maggio, mentre per scoprire chi la spunterà agli Hugo bisognerà aspettare il 20 agosto.
HUGO AWARDS
The Aeronaut’s Windlass
L’ininterrotta sequenza di best seller infilata negli ultimi anni da Jim Butcher lo mette al riparo da qualsiasi sospetto di connivenza con l’indebolito ma ancora influente movimento dei sad/rabid puppies (di cui vi avevo già riportato l’anno scorso), anche se indubbiamente si tratta di un nome ben visto in quell’ambiente. Secondo stime nemmeno poi così aggiornate l’autore statunitense, noto per la serie The Dresden Files, avrebbe venduto qualcosa come 6 milioni di copie, numeri davvero rari per il comparto letterario odierno, figuriamoci per la sempre più risicata nicchia SFF.
Data la fedeltà e la forza della sua fanbase, non deve stupire quest’ennesima nomination al “premio del pubblico” per il suo nuovo romanzo, The Aeronaut’s Windlass.
Primo volume della trilogia cyberpunk Cinder Spires dopo anni di seguiti di The Dresden Files (che si è conclusa con il quindicesimo volume), sembra proprio il punto di partenza ideale per chi voglia approcciarsi a Butcher e alla sua azione cappa, pistoni e smargiasserie varie da un capitolo uno. Al di là del successo commerciale però i titoli più rappresentativi e chiacchierati dell’annata sono decisamente altri.
Seveneves
Dopo 4 anni di pausa e un periodo ancora più lungo senza un romanzo di grande successo è tornato un altro nome amatissimo della fantascienza, Neal Stephenson, e anche qui non c’erano particolari dubbi sulla possibilità che strappasse la nomination.
La sua al solito mastodontica ultima fatica però, oltre a richiamare gli appassionati di un tempo, ha fatto parlare di sé in maniera molto positiva anche tra i critici e le nuove leve del fandom. In tanti hanno accettato la sfida da 880 pagine di Seveneves, una vera e propria epopea apocalittica che segue il tentativo disperato della razza umana di sopravvivere alla distruzione della Luna e alla conseguente pioggia di detriti che renderà inospitale per lungo tempo il pianeta Terra.
La differenza rispetto a tanti altri titoli dall’incipit simile è che Stephenson si concentra molto sulla precarietà di una missione che è stata pensata in pochi, concitatissimi mesi e sulla difficile convivenza dei sopravvissuti sulla base spaziale umana, ben presto divisa in due blocchi dai rapporti politici tesissimi.
Il libro ha raccolto consensi molto positivi, con l’unica eccezione dell’arditissimo spezzone finale, che fa fare al romanzo un salto di 5000 anni e che secondo molti avrebbe meritato un volume a sé stante e uno sviluppo maggiore.
Preparatevi a dover riparlare tra un quinquennio o giù di lì della storia (e magari, finalmente, a vederla tradotta in italiano) dato che Ron Howard, Brian Grazer e lo sceneggiatore William Broyles Jr. (il trio di Apollo 13) sta già lavorando attivamente alla sceneggiatura di un adattamento filmico. Dove non arriva lo snobbismo letterario italiano, probabilmente arriverà Hollywood.
Ancillary Mercy
Doppia nomination a Hugo e Nebula – e vittoria ai Locus Awards ottenuta proprio in questo weekend – per una trilogia che i lettori di Players dovrebbero ormai conoscere a menadito (ricordate la recensione del primo volume?). Per i distratti, riassumiamo: casalinga del Missouri pubblica il suo primo romanzo, una space opera che rielabora i meccanismi economici, sociali e religiosi dell’impero romano su scala galattica, condendolo con una profonda riflessione sui gender study e una forma narrativa antitetica a un certo revival della fantascienza fast reading e bassa introspezione psicologica che si rifà alla golden age del genere. Trentamila copie vendute solo dal primo libro e solo in cartaceo, record di vittorie nei premi di categoria. Nel 2016 siamo al terzo romanzo e alla sesta nomination nei 2 premi più importanti del settore. Mentre Ancillary Mercy prosegue la marcia trionfale, pare che l’unico luogo che Ann Leckie non stia riuscendo a conquistare è l’Italia, complice una traduzione celere, ma malfatta di Fanucci e la resistenza a priori di una certa parte molto tradizionalista della fanbase italiana.
The Fifth Season
Prima dell’annuncio dei vincitori del Nebula, ero davvero convinta che la Jemisin, scrittrice afroamericana con una solida carriera fantasy alle spalle, avrebbe sbaragliato la concorrenza.
D’altronde The Fifth Season è stato uno dei romanzi dell’anno, sia per volume di dibattito generato ma soprattutto per l’ottimo responso critico ottenuto.
Non è stata una sorpresa: il ritorno di N. K. Jemisin era fortemente atteso già alla fine del 2015, quando erano trapelate le prime voci su questo romanzo apocalittico ambientato in un continente sterminato e ciclicamente vessato dalla quinta stagione, quella dei cataclismi e della distruzione.
La protagonista del romanzo si ritroverà a dover cercare la figlia e a vendicare la morte del marito proprio quando la furia degli eventi sta per dare inizio alla quinta stagione, ma questo è solo l’incipit di un romanzo di cui riparleremo presto.
NEBULA
Uprooted – VINCITORE
Il black horse dell’anno, dopo aver portato a casa il Nebula tra la sorpresa generale del fandom e il Locus primeggiando nella categoria fantasy, rischia seriamente di fare tripletta e aggiudicarsi anche gli Hugo. La fiaba incantata dalle forti componenti folkloristiche di provenienza slava è già stata opzionata da Warner Bros, una mossa davvero saggia data l’aria favolistica che si respira ultimamente al cinema.
Diventata famosa grazie alla sua serie di romanzi fantasy Temeraire, la Novik in realtà ha polarizzato molto il pubblico con questo suo romanzo autoconclusivo ambientato ai margini di una foresta incantata e terribile: se per molti è stato una delle letture dell’anno, per tanti altri è stata una cocente delusione.
Se Uprooted dovesse centrare la doppietta vincendo ad agosto lo Hugo Award nella categoria miglior romanzo, sarebbe davvero una svolta epocale per il premio, innescata da quanti volevano spingerlo in direzione opposta (e tradizionalista).
Quest’anno è stato infatti quello dei record di voti, dopo il gran numero di iscrizioni seguito allo scandalo del 2015. Tra chi ha reagito ed è entrato per la prima volta nel meccanismo di voto c’è una bella fetta di social justice e parecchi lettori che fluttuano quasi esclusivamente nella sezione young adult e fantasy delle librerie. Il trend di vendite quindi potrebbe riflettersi sulle nomination di un premio fino ad oggi rimasto chiuso su se stesso, con un pubblico di votanti via via di età sempre maggiore. Sicuramente l’inclusione in entrambe le cinquine della Novik è un segnale da non sottovalutare, ancorata com’è a un pubblico che include un gran numero di giovani lettori. (E ancora più interessante è il segnale lanciato da Mondadori che porta nelle nostre librerie il libro della Novik a settembre 2017 adattandone il titolo in Cuore Oscuro).
The Grace of Kings
Da uno dei libri più attesi dell’anno deriva una delle nomination più deludenti dei Nebula. Il primo romanzo di Ken Liu, The Grace of Kings, un’epopea militare fantasy d’ispirazione cinese in tre atti, era davvero attesissimo dal fandom, ma ha riscaldato il cuore di pochi. Elegante sì, ma freddo, troppo distaccato per conquistare i lettori, rimasti per lo più perplessi dal primo libro della trilogia Dandelion (tra qualche settimana uscirà il secondo, The Wall of Storms).
Sicuramente indicativa della stima che Liu ha raggiunto tra i suoi colleghi (d’altronde è stato lui a tradurre in inglese il vincitore dello Hugo dell’anno scorso), questa nomination suggerisce come per vincere uno Hugo bisogna saper anche coltivare le relazioni tra scrittori di genere.
Raising Caine
Se i sad puppies ogni anno tentano di piazzare scrittori portabandiera della loro visione della letteratura SFF e della vita nelle categorie dello Hugo, sul fronte del Nebula gli scrittori che guidano il movimento continuano da anni a tentare di ottenere una vittoria di Charles E. Gannon, vicino per toni e tematiche con questa frangia ultra tradizionalista e razzista del fandom, senza successo. Spiace solo per i romanzi che rimangono fuori dalla selezione finale per lasciare spazio a un romanzo che genera buzz solo per questa spiacevole vicenda. La vicenda di Caine Riordan, riluttante diplomatico nonché membro dell’intelligence terrestre, impegnato in una delicata missione che potrebbe consentire all’umanità di strappare una fondamentale alleanza galattica poche ore dopo aver respinto l’ennesima invasione ostile, ad ogni modo nemmeno quest’anno sono riuscite a conquistare il favore dei colleghi.
Barsk: The Elephants’ Graveyard
Antefatto curioso: mentre commentavo via twitter le nomination del Nebula al momento dell’annuncio lamentandomi della mancanza di Baru Cormorant, l’autore di Barsk: The Elephants’ Graveyard ha risposto a un mio commento abbastanza acido in maniera davvero carina e gentile. Faccio quindi pubblica ammenda: Lawrence M. Schoen probabilmente cura molto da vicino le menzioni sul social dei suoi romanzi (per dirvi come è piccolo il mondo della letteratura di genere), ma io ero partita davvero in maniera stizzita nei confronti di un romanzo è che è forse quello più peculiare dell’intera lista che state leggendo.
In un futuro in cui l’umanità è stata spazzata via, l’evoluzione antropomorfa degli animali si è sparsa per la galassia. Ostracizzati sul pianeta di Barsk, i discendenti degli elefanti hanno tra di loro alcuni individui in grado di comunicare con i membri del branco recentemente deceduti grazie a un farmaco detto koph. Elefanti spaziali e sciamani da cui dipendono tutti gli altri, dato che con la loro ingegneria hanno creato le macchine fondamentali per la sopravvivenza di tutte le altre specie. Ne riparleremo di certo.
The Updraft
L’ordine alfabetico non giova a Fran Wilde, che dopo le visioni oniriche di Barsk chiude questo lungo elenco con The Updraft un romanzo fantasy dai toni steampunk in cui ci si muove via aliante, cavalcando le correnti. A rischio di commettere lo stesso peccato di presunzione di qualche riga fa, liquiderei il tutto con un paragone con il film d’animazione Nausicaä della Valle del Vento di Miyazaki. Anche perché se la sinossi recita “una ragazza è disposta a tutto per scoprire i misteri che minacciano le vite delle persone che ama”, dopo gli elefanti sciamani e soprattutto dopo che quell’incipit è stato trasformato in un girone infernale da Baru Cormorant, beh, io passo. Sue me.
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