Warcraft: per nerd. E solo per loro.

Da qualche tempo a questa parte, visto che le trilogie sanno un po’ troppo di anni 80′ e 90′, si parla spesso di “universi cinematografici”, che, nella mente dei produttori, dovrebbero ovviare al problema di limitare a tre pellicole la vita sul grande schermo di personaggi e storie particolarmente ben fatte, riuscite e amate dal pubblico. Sulla carta Warcraft avrebbe potuto rappresentare l’ incipit perfetto per portare al cinema le decine di milioni di giocatori che da vent’anni spendono ore sui titoli del franchise. Giocatori appunto e non spettatori, differenza che purtroppo è sfuggita sia a Blizzard che a Universal (e Legendary Pictures) che hanno purtroppo partorito un fantasy prevedibile, troppo lineare e ben lontano, quanto a valori produttivi, dai videogiochi cui si ispira.

La prima cosa che colpisce di Warcraft è la sua assoluta mancanza di autoironia. Qui il sopracciglio inizia ad inarcarsi, perchè chiunque abbia giocato ad un titolo Blizzard, sa quanto la componente umoristica, nera o meno, costituisca la trave portante di ogni sua produzione. Il film manca di ritmo (altro marchio di fabbrica) e i dialoghi sono una serie continua di insopportabili clichè: se venissero proposti nella cut-scene di un videogioco verrebbero probabilmente saltati a piè pari, senza rimpianti. A completare lo sconcertante resoconto non si può non notare che in cabina di regia (e co-sceneggiatore) c’è quel Duncan Jones che aveva stupito tutti con Moon (e parzialmente confermato il suo talento con il meno riuscito ma comunque originale Source Code). Insomma, sulla carta c’erano tutti gli ingredienti per un film riuscito, com’è possibile che il risultato finale sia così scadente?

Tanto per cominciare il cast non funziona, non convince, non buca lo schermo: troppi volti poco noti e non particolarmente carismatici, fatta eccezione per Travis “Anduin Lothar” Fimmel, che cerca di infondere un minimo di verve nel suo personaggio (terrificanti invece gli altrove ottimi Ben Foster e Dominic Cooper). La storia, almeno per i non giocatori, pur nella sua banalità è troppo complessa e Jones, che pure dimostra una certa passione per il materiale originale (i fan saranno sommersi da una miriade di citazioni e riferimenti, ma a che pro?) gira con un ritmo troppo compassato: l’idea che il film fosse inizialmente concepito per durare oltre 2 ore e mezza, poi ridotte a 2, in ogni caso estenuanti, atterrisce, anche perchè il problema non è il cosa si mostra ma il come viene mostrato. Persino gli effetti speciali della ILM, che in linea teorica avrebbero dovuto rappresentare il punto di forza del film, appaiono piuttosto deludenti, specie per quanto concerne le creature e durante le (poche) battaglie. Poco pathos, zero epica, suspense in saldo negativo, un disastro.

Insomma, Warcraft è un prologo ad una storia che ben pochi, dopo questo insipido pilot, avranno voglia di farsi raccontare, specie se in modo così confuso e caotico. Un’opera autolimitante, che traccia da sola i propri confini, accontentandosi di blandire i fan del franchise e a tenere alla larga tutti gli altri. Forse Blizzard, che ha ampiamente dimostrato di sapere maneggiare meglio di chiunque altro la computer grafica e di saperci fare anche per quanto concerne la narrazione (i corti di Overwatch son lì a dimostrarlo) avrebbe dovuto proporre una strada diversa, più coraggiosa e personale. Così, anche Warcraft non pare dissimile dai tanti, troppi fantasy visti al cinema negli ultimi anni.