Settimo appuntamento per la rubrica #SoLongItaly, dedicata agli italiani in fuga dalla penisola. Stavolta atterriamo a Hollywood!

­Chi sei, quanti anni hai, da dove vieni, cosa fai nella vita?

Alessandro Schiassi, 30 anni, Milanese, Supervisore agli Effetti Speciali ed imprenditore.
Dopo qualche anno di Disegno Industrial al Politecnico di Milano ho deciso di mollare per co-fondare Hive Division, un team di produzione video nato intorno al progetto “Metal Gear Solid: Philanthropy”: l’idea era di creare un film di fantascienza senza disporre alcun tipo di budget. Nel 2009, dopo 5 anni di lavoro, abbiamo rilasciato 70 minuti di film: persino il creatore della saga, Hideo Kojima, si è congratulato personalmente del risultato! L’anno seguente ho deciso di lasciare l’Italia, ma parte del resto del team ha fondato Hive Division Srl ad Asolo (TV). Nel 2013 sono stato richiamato nel progetto come consulente perché volevamo proseguire con il secondo capitolo, questa volta usando crowdfunding come fonte di finanziamento (lasciando sempre il film come non-profit): purtroppo abbiamo dovuto cancellare il progetto verso fine 2014 per motivi di copyright, riuscendo a finire solo una piccola anteprima (poi rilasciata online come cortometraggio chiamato “The Land Where Truth Was Born”).
In generale MGS: Philanthropy è stata indubbiamente un’esperienza magnifica che ha letteralmente cambiato la mia vita e mi ha formato professionalmente: non sarei dove sono adesso se non avessi deciso di unirmi a questa avventura. Per quanto riguarda il mio titolo di imprenditore, ad inizio 2015 ho avuto un’idea per un’app che rivoluzionerà il modo in cui i single si incontrano nei locali. Come dice il nostro motto: “It’s not online dating, it’s on-site attraction”. Così ho deciso di fondare Magnetic Field, Inc. e di progettare “Magnet”: il lancio è previsto a Los Angeles per la fine dell’anno, ma prossimamente arriverà anche in Italia, lo prometto!

­Attualmente dove ti trovi e da quanto hai lasciato l’Italia?

Vivo stabilmente ad Hollywood da 5 anni ed ho amato ogni singolo giorno passato qui. Sebbene Los Angeles sia una megalopoli formata da svariate città interne (Santa Monica, Beverly Hills, Venice, ecc.), Hollywood è considerato solo un quartiere. Ma probabilmente il quartiere più famoso al mondo! Come ho accennato prima, ho cominciato la mia carriera negli Effetti Speciali digitali lavorando ad un progetto indipendente ed, una volta trasferitomi a LA, ho subito collaborato con vari famosi YouTuber come Freddie Wong (RocketJump), Corridor Digital, DevinSuperTramp, Mike Diva, etc. Con loro ho ritrovato lo spirito di “indie filmmaking” come quello vissuto e portato avanti in Hive Division.

­Cosa ti ha spinto ad abbandonare l’Italia? (leggi: cosa manca nel nostro Paese che invece hai trovato dove ti trovi ora?)

Un futuro.
Sembra un cliché ma tant’è. In Italia non riuscivo a visualizzare una carriera che non fosse erosa di compromessi ed ingiustizie. Gerontocrazia invece che meritocrazia. Specialmente in campo artistico noi freelance non siamo ancora presi sul serio (ricordo ancora l’ottima campagna virale di Zerovideo.net: freelance sì, #coglioneNo). Ironico come qui in America (ma penso un po’ ovunque nel mondo) l’Italiano sia visto come “l’artista”! L’immagine del Rinascimento e dei designer più recenti (per auto sportive, moda e prodotti di design vari) è stereotipata, ma fortunatamente in maniera positiva. Al momento sto cambiando completamente carriera per buttarmi nell’imprenditoria, nel mondo delle startup, ed ancora una volta gli Stati Uniti si rivelano il posto giusto dove poter sognare e, soprattutto, effettivamente far avverare questi sogni. Los Angeles non è troppo distante dalla Silicon Valley!

­Qual è la maggiore differenza che hai riscontrato, in ambito professionale, tra il modo di lavorare nel Paese in cui ti trovi e l’Italia?

Come accennavo prima, il rispetto sia per l’essere giovane che per l’essere un artista. Entrambi sono due fattori che inesorabilmente ti frenano la carriera in Italia, mentre qui sono visti come vantaggi.
Giovane può significare ambizioso, coraggioso, ed innovativo: le idee più ingenue e visionarie sono spesso quelle che fruttano di più (vedi: Uber ed AirBnB). Ma la flessibilità nell’adattarsi e nel creare nuovi trend è forse la più grande differenza alla fin fine.
Pagamento a 90 giorni? Non scherziamo. Personalmente chiedo un terzo del pagamento appena inizio il lavoro, un altro terzo a metà ed il rimanente alla consegna del lavoro.

­E la differenza “non professionale” (vale tutto: clima, cibo, abitudini, atteggiamento delle persone)?

Il clima a Los Angeles è pressoché perfetto: 24°C per l’80% dell’anno, secchi e ventilati. Piove meno di 7 giorni l’anno e non esiste l’inverno: si passa da autunno ad una lunghissima primavera ed un’estate sparsa a caso per tutto l’anno (raramente troppo calda).
Il cibo è ottimo e soprattutto c’è tantissima varietà. So che la gente pensa “USA = fast food”, ma è molto limitato come pensiero. Soprattutto qui in California va di moda mangiare bene e sano (tutte le mode hipster arrivano da LA, temo).
Se vuoi cibo Italiano, ci sono tantissimi ottimi ristoranti. Oppure puoi cucinartelo a casa (al mercato trovo anche la pasta fresca!). Mentre se vuoi qualsiasi altra cucina del mondo, la trovi: dal Messicano al Thailandese, dall’ottimo sushi (che costa poco) al BBQ Koreano.
Considerando la varietà e la qualità in generale, devo dire che si mangia meglio qui che in Italia.
Infine, la cordialità in generale è superiore; infatti capita spesso di venir salutati da completi sconosciuti mentre cammini per strada o semplicemente iniziare una conversazione.
Ci sono anche elementi negativi come un sistema sanitario costosissimo (pur avendo un’assicurazione), indebitamenti degli studenti per centinaia di migliaia di dollari, e regole piuttosto ridicole sull’alcool (devi avere almeno 21 anni, non puoi andare in giro bevendo alcoolici, ecc.).
E l’aria condizionata: quella è un male presente ovunque! Una volta in ufficio mi sono lamentato perché faceva troppo freddo e mi hanno dato una stufetta!
Last but not least: di ragazze (e di ragazzi, mi dicono) ce n’è davvero per ogni gusto.

­Quali sono le maggiori difficoltà “operative” che si riscontrano quando si lascia l’Italia per andare all’estero?

Nel caso degli Stati Uniti devo sicuramente citare il visto lavorativo: senza è difficile (e sicuramente sconsigliato) trovare da lavorare. Consiglio di trovarsi un avvocato specializzato che, ahimé, costa sempre un bel po’. Ma bisogna vederlo come un investimento.
A Los Angeles fino a qualche anno fa avere un’auto era pressoché obligatorio (la città è sterminata ed i mezzi pubblici sono saltuari), ma nell’ultimo anno puoi tranquillamente usare Uber se non usi l’auto tutti i giorni (come nel mio caso).
Poi il resto è questione di crearsi un network di lavoro ed andare ad eventi e feste per conoscere nuovi potenziali clienti.

­C’è qualcosa nel Paese in cui ti trovi che non è come te lo immaginavi prima di viverci?

Grazie ai film e show, bene o male tutti sappiamo come vivono gli Americani, quindi non ho avuto un grande “culture shock”. Anzi, spesso ciò che percepivi come esagerazioni sono effettivamente realtà. Il vestirsi, per esempio, è decisamente variegato ed è facile incontrare veri e propri “personaggi” che sembrano usciti da un film di serie B.
Una cosa che mi ha lasciato a bocca aperta sono gli orizzonti sconfinati quanto inizi ad andare a farti un road trip nei parchi nazionali e nei vai canyon: ti rendi conto di quanto sia grande questo paese!

­Cosa ti spingerebbe a ritornare in Italia?

Un totale cambiamento di mentalità, sia dei giovani che, soprattutto, dei cittadini più vecchi.
Siamo un paese pigro, razzista e bigotto, pronto a dare la colpa agli altri senza però proporre una soluzione al problema. Non ci rendiamo conto del bagaglio culturale che ci portiamo dietro (e come il resto del mondo effettivamente ci veda) e non riusciamo neanche sfruttarlo a pieno. Sinceramente non mi vedo da nessuna parte che non sia la California nei prossimi 10/20 anni, men che meno l’Europa e decisamente non l’Italia.

­Che consiglio daresti ad una persona più giovane di te che volesse intraprendere la tua stessa professione?

Innanzitutto di imparare bene l’Inglese: guarda film e telefilm in lingua originale (al massimo con i sottotitoli in Inglese altrimenti non serve a niente), gioca a videogiochi non localizzati (io, al tempo, l’ho imparato la lingua con Resident Evil e Shenmue!), fatti qualche viaggio in Europa (tra voli low cost e AirBnB o Couchsurfing che scuse hai?), trovati un forum internazionale sulla tua passione, ecc. Davvero, non ci sono scuse!
Per quanto riguarda il mondo dei Visual Effects, consiglio di guardarsi vari tutorial online (Video Copilot è un ottimo punto di partenza) e capire bene in quale settore si è più appassionati. C’è chi adora la modellazione, chi l’animazione, chi la motion graphic, chi il compositing, ecc. E’ importante specializzarsi (anche se sapere un po’ di tutto fa sempre bene).
Consiglio anche di trovare un progetto indipendente o unirsi ad un canale YouTube che cerca grafici.
Ai primi tempi va bene lavorare gratis (se nel progetto nessuno ci guadagna soldi), ma una volta che si impara a produrre lavori a livello professionale, bisogna settare un minimo e non andare mai sotto. Se un cliente ti parla di esposizione e contatti, ma non vuole parlare di soldi: mandalo affanculo. No, seriamente! Se una persona è disposta a darti un lavoro non significa che tu debba accettarlo, specialemente se va ad abbassare il tuo valore come professionista.
Ricordati che un lavoro mal pagato rovina il settore per tutti. Inoltre rischi di perdere altri lavori meglio retribuiti perché sei impegnato.

­Ultima domanda: consiglia, motivandolo, un film/libro/gioco/disco ai nostri lettori (uno in assoluto, non uno per categoria!)

Al posto dei classici Mr Robot, Silicon Valley e Black Mirror che ormai tutti avranno visto, consiglio vivamente uno show molto meno famoso: Halt and Catch Fire.
Si tratta di un misto tra “I pirati di Silicon Valley” e “Mad Men”, ambientato negli anni 80. Prodotto da AMC (nota per Breaking Bad, The Walking Dead e Mad Men, appunto), racconta la storia apocrifa del primo PC portatile attraverso due personaggi che vagamente ricordano Jobs e Wozniak (uno un genio del marketing, una specie di Don Draper geek, e l’altro più smanettone).
La seconda stagione è anche meglio della prima in quanto focalizzata sulle protagoniste femminili e gira intorno ad una startup di videogiochi che ricorda un po’ Valve.
Davvero una perla poco conosciuta, ma per fortuna riconfermata per una terza stagione!

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Ne approfitto dell’occasione per spammare il sito della mia app: www.tryMag.net
Grazie!

Previously, on #SoLongItaly

1-COME DIVENTARE SPACECRAFT ANALYST A DARMSTADT
2-COME DIVENTARE INSEGNANTE DI VIDEOGIOCHI A SINGAPORE
3-COME DIVENTARE UN CREATIVO A LOS ANGELES
4-COME DIVENTARE FOTOGRAFO A MELBOURNE
5-COME DIVENTARE CURIOSO AD AMSTERDAM
6-COME FARE IL VISUAL DESIGNER A NEW YORK
7–COME DIVENTARE IMPRENDITORE A HOLLYWOOD
8-COME ANDARE A FARE IL PROGRAMMATORE ALLA WETA A WELLINGTON
9-COME DIVENTARE MEDIEVISTA A LEEDS
10-COME LAVORARE NEI VIDEOGIOCHI A LONDRA
11-COME DIVENTARE PRODUCT DESIGNER A PALO ALTO
12-COME INSEGNARE CULTURA ITALIANA A NEW YORK
13-COME FARE IL DESIGNER A LOS ANGELES
14-COME DIVENTARE ATTORE A LOCARNO
15-COME FARE IL FILOSOFO A SAN FRANCISCO (E UN PO’ OVUNQUE)



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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1 Comment

  1. Io comunque ho un altro amico che dovreste intervistare.
    Un esempio incredibile di eccellenze esportata all’estero: Mario “Marshall D Teach” D’arco.
    Un panzone napulè a Liverpool.

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