È possibile entrare nell’olimpo del fumetto per avendo realizzato una sola opera, due storie con lo stesso personaggio protagonista? Se si possiede una mano come quella di Dave Stevens la risposta è senza dubbio sì. Pochi altri fumetti colpisco il lettore con una magnificenza visiva paragonabile a quella del suo Rocketeer. Quello di Stevens è un tratto raffinato che pone le sue radici nello stile delle strip dei quotidiani, ma al contempo mostra decine di influenze, sempre ricco di dettagli che danno vita a figure umane sinuose. Un talento puro che, come di rado accade, venne presto notato dai suoi contemporanei. Scherzo del destino, l’improvvisa notorietà segnerà la fine della sua produzione.

Cliff Secord e il suo zainetto-razzo con cui si tramuta Rocketeer irrompono nel mondo del fumetto americano nel 1982 pubblicati in brevi storie d’appendice per poi proseguire la loro avventura sempre come ospiti sulle pagine di albi dedicati ad altri protagonisti, cambiando addirittura casa editrice in corsa. Eppure le matite di questo Dave Stevens che nessuno aveva mai sentito prima d’ora si rivelano così spettacolari e così lontane dallo stile che dominava allora gli albi nelle fumetterie USA da diventare immediatamente un fenomeno. Al punto che la Disney, fiutato l’affare, già nel 1983 strappa un’opzione a Stevens per la realizzazione di un film ispirato alla sua opera.

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Con ogni probabilità non avete mai visto il film di Rocketeer e probabilmente dovete ritenervi fortunati per questo. La pellicola fu un disastro. Vide la luce solo nel 1992 dopo una serie di tribolazioni produttive che ne decretarono l’insuccesso prima ancora dell’uscita in sala. Perché la Disney condusse in stazione questo treno deragliato già da tempo resta un mistero, reso ancora più fitto dai numerosi tentativi di salvataggio avanzati da altre case e registi e puntualmente rigettati dalla Disney stessa. Per molti fu una dimostrazione di forza, ma a prescindere dai motivi il travagliato percorso cinematografico di Rocketeer tenne occupato Stevens per diverso tempo.

D’altra parte Stevens si vedeva a fatica nei panni del fumettista: convinto nel suo futuro ci fosse una carriera da illustratore in altri settori, viveva con un certo disagio la realizzazione di una tavola a fumetti, nonostante la sua composizione innovativa e fuori dagli schemi facesse impallidire quella di altri autori del suo tempo. Non fu tuttavia questa refrattarietà al medium a limitare la sua produzione, non solo quanto meno. Per lungo tempo infatti Rocketeer finì sotto giudizio in un’aula di tribunale a causa di una diatriba con la Marvel dovuta all’uso di alcuni nomi già utilizzati in altre vecchie storie della casa delle idee. Forse una ripicca per il rifiuto opposto qualche anno prima da Stevens al contratto offerto dalla Marvel che avrebbe significato la cessione dei diritti del personaggio, chissà, ad ogni modo quando Dave poté finalmente tornare a dedicarsi al suo personaggio il destino aveva altro in programma per lui e la terza storia di Rocketeer rimase nel limbo delle intenzioni.

La vita di Cliff Sefford, l’uomo dentro il casco di Rocketeer, non è meno complicata. Incastrato tra una donna magnifica e una cospirazione che vede coinvolti i servizi segreti americani ed europei alla ricerca del prototipo di razzo usato da Rocketeer, Cliff nelle due storie che lo vedono protagonista non riesce a godere di un attimo di pace. Due sole avventure eppure capaci di farsi largo nella storia del fumetto americano partendo dalle ultime pagine di un albo a fumetti che pochi ora ricordano fino a imporre grazie alla forza delle immagini di Stevens un ritorno in auge di Betty Boop – esplicita fonte di ispirazione delle sue donne piene di curve – e quello stile retrò anni ’50 che si respira in ogni pagina di Rocketeer.

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Dopo un’edizione lussuosa e costosa in due volumi arricchiti da editoriali, aneddoti e interviste – da cui sono tratti molti degli spunti che avete letto qui sopra – usciti un paio d’anni fa, in questi giorni la SaldaPress riporta in fumetteria le avventure di Rocketeer raccogliendole in un unico tomo più snello negli extra, ma anche più economico, per quanto realizzato con la medesima cura della precedente edizione, a cui farà seguito un secondo volume con le storie-tributo realizzate di recente da altri grandi del fumetto statunitensi per rendere omaggio al talento di Dave Stevens, prematuramente sottratto all’arte sequenziale da una rara forma di leucemia.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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1 Comment

  1. Io ho visto il film, ero piccolo ma mi divertì moltissimo…oggi sicuramente non lo aprezzerei come all’apoca.
    il fumetto è davvero ben fatto, ma più per il senso di meraviglia che suscita che per l’opera in se, almeno secondo il mio giudizio.

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