In America si sa, televisione e cinema dimenticano troppo spesso la creatività e i prodotti d’autore, sacrificandoli sull’altare di incassi certi e ritorno di pubblico sicuro. Così nel tempo si sono susseguite diverse e variegate mode in una corsa vertiginosa: dopo zombie, torture movie, serie poliziesche a profusione, streghe e sale d’attesa del classico medical drama, ecco che adesso suona incessante la sirena del richiamo dei remake o reboot che dir si voglia (il cosiddetto riavvio, ossia il tentativo di dare nuovo slancio a serie, tv o cinematografiche, in calo di popolarità). Arriva quindi sul terreno dei remake, la serie tv Sleepy Hollow, a metà fra il fantasy e l’horror, almeno nelle intenzioni iniziali, in onda negli USA dal 16 settembre scorso su Fox e chiaramente ispirata al capolavoro del genio creativo di Tim Burton (perlomeno il primo Tim Burton) Il mistero di Sleepy Hollow
Con una prima stagione composta da 13 episodi, prodotta da Alex Kurtzman e Roberto Orci (Fringe
In onda dal 19 novembre in Italia sul canale satellitare Fox, la serie ruota fondamentalmente attorno ai due personaggi, quello del Cavaliere senza testa e Ichabod Crane, indissolubilmente legati nel tempo: Crane, professore a Oxford e soldato agli ordini del generale Washington, 250 anni prima era riuscito a decapitare il Cavaliere, salvo poi morire insieme a lui; è qui che nasce il loro legame, con Katrina Crane (Katia Winter) moglie di Ichabod, che mescolerà il loro sangue per mantenerli, tramite un incantesimo, entrambi assopiti in un sonno senza morte. Cruciale si rivelerà proprio la storia di Katrina, di cui Ichabod ignorava la natura di strega e il suo far parte di una congrega occulta il cui compito era quello di proteggere Sleepy Hollow dal Male; intrappolata in un luogo sconosciuto, avvertirà il marito tramite un sogno della sua nuova sfida: impedire al Cavaliere di ritrovare la sua testa nel compimento del Male assoluto.
Sebbene la serie sia stata accolta da ottimi riscontri e la critica non l’abbia massacrata (già confermata una seconda stagione completa) e sebbene si avverta il palese tentativo di bilanciare elementi di suspense e horror nel prosieguo dei predecessori, il paragone con il film di Tim Burton appare necessario e impietoso: la prima impressione è che sia il cast odierno l’anello debole della catena, incapace di reggere l’ovvio confronto con Johnny Deep e Christina Ricci, ma con l’andare delle puntate, con la trama che tenta di dirimere i nodi e la confusione narrativa che regna sovrana, il problema cast passa in secondo piano. Dov’è la magia di Tim Burton? Dov’è il terrore velato ma avvertito? Dov’è l’ambientazione surreale che si esaltava nella nebbia, vera protagonista della pellicola del 1999? Dov’è appunto la nebbia?
Il pubblico avrà apprezzato, ma quanto durerà quest’innamoramento per un rifacimento di cui nessuno avvertiva davvero il bisogno?
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