Che il rapporto tra cinema e videogiochi sia eufemisticamente contrastato, è un dato di fatto. Da anni film live action di discutibile fattura cercano inutilmente di ricreare le stesse atmosfere dei games da cui traggono il nome (e poco altro). Sull’altro fronte, sempre più spesso gli action movie ed i blockbuster tendono ad ispirarsi e riprodurre situazioni e grammatica (video)ludica, pur difettando nella necessaria interattività e senza proccuparsi troppo di proporre contenuti di qualità. A fungere da ponte tra i due mondi arriva finalmente Ralph Spaccatutto che, senza troppa fatica, conquista il rango di “miglior film videoludico” della storia del cinema. E, dato forse più significativo, quello di miglior film di animazione del 2012.

Ralph è il villain di un vecchio arcade degli anni ’80, quelli dell’epoca d’oro, in cui Centipede, Pac-Man e Q-Bert erano il top che si poteva trovare in sala giochi. Nonostante gli anni siano passati e i cabinati cambiati drasticamente (a questo loop temporale è dedicata una meravigliosa sequenza, la prima di tante, all’inizio del film, che farà sciogliere in lacrime ogni gamer over 30 presente in sala), il suo resiste. Quando, in crisi di coscienza e stanco di essere sempre relegato a cattivo, Ralph decide di fuggire dal suo videogioco, inizia per lui una serie di avventure in altri titoli che lo porteranno a diventare il salvatore dell’intera comunità dei coin-op.

E’ impossibile per un cinefilo-giocatore trattenere l’entusiasmo di fronte ad un film del genere, perchè Ralph Spaccatutto funziona alla grande come pellicola “stand alone”, risultando godibilissimo anche per chi non può o non sa cogliere i mille riferimenti ambientali e storico-videoludici, ma diventa una pietra miliare del cinema per chiunque sia abbastanza anziano da ricordarsi i primi cabinati e i grandi cult della storia dei videogiochi.

La sceneggiatura di Jennifer Lee e Phil Johnston è assolutamente perfetta. Da un lato abbiamo l’ideazione, lo svolgimento e la chiusura di una trama centrale che parla di amicizia e formazione e due sottotrame (una geek, l’altra romance) che si intersecano sempre al momento giusto, senza mai una pausa o una sbavatura. Dall’altro abbiamo il più grande omaggio di sempre a trent’anni di militanza e storia dei videogiochi. E non si tratta del pigro utilizzo di decine di camei dei vari personaggi diventati icone senza tempo (che ovviamente sono presenti in quantità industriale e kudos in particolare alle presenze di Tapper e Q Bert), ma di riferimenti “pro” che anche i più sgamati faranno fatica a riconoscere (uno per tutti: l’inserimento ed utilizzo, ad un certo punto del film, del “Konami Code“). Insomma, gli autori non solo conoscono il mondo dei videogiochi ma lo amano. E questo amore pulsa, è vivido, si tocca, ci travolge.

A questo doppio ed efficace livello narrativo, si aggiungono ottimi dialoghi, una regia sobria e meno fracassona di quanto sarebbe lecito attendersi, la quasi totale assenza di facili gag e slapstick, una colonna sonora 8-bittesca di pazzesca qualità (opera di Henry Jackman), un valido doppiaggio in italiano (alleluja) e alcune scenografie decisamente fuori parametro. Laddove Ralph Spaccatutto si allontana dai facili citazionismi, proprio là riesce comunque ad essere meravigliosamente credibile, basti pensare a Hero’s Duty e soprattutto Sugar Rush, ambienti inventati di sana pianta ma che non sfigurerebbero come arcade veri e propri. Queste felici intuizioni permettono la creazione di un mondo pixellosamente verosimile e pregno di quella magia e sense of wonder che ogni giocatore che si rispetti potrà percepire al primo sguardo.

Un bell’obiettivo raggiunto dai Walt Disney Studios Animation che, vuoi anche la (speriamo temporanea) crisi creativa dei cugini (o fratelli?) di Pixar, da oggi in poi possono guardare con meno invidia alle opere e agli apprezzamenti riservati ai più celebrati concorrenti. Ralph Spaccatutto conferma l’ottimo stato di salute dell’animazione americana e si propone come must see del Natale oramai imminente. Se però appartenete alla vasta famiglia dei gamers (pardon, dei Players), beh, questo è proprio IL film dell’anno.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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