Tutti i supereroi hanno qualcosa da nascondere e non si stratta solo d’identità segrete e poteri sovrannaturali, ma anche di elementi ben più concreti, come alcuni dei prodotti multimediali ispirati alle loro avventure fumettistiche. In tal senso, il cinema ha ricoperto da sempre un ruolo di primo piano, risultando l’artefice delle apparizioni più ridicole dei paladini mascherati. Tra questi, Batman vanta una nutrita collezione di assurde incursioni in celluloide, essendo stato uno tra primi supereroi a venir messo davanti a una macchina da presa.
L’avventura live action del Cavaliere Oscuro inizia nel 1943, con la serie televisiva Batman, prodotta con un budget risibile da Columbia Pictures. Al di là dell’ilarità che può suscitare la povertà dei mezzi utilizzati (come il costume del protagonista, di fattura carnevalesca e dotato di un fantozziano mutandone ascellare), Batman propone anche elementi propri dell’exploitation pura. La trama, infatti, ricorda da vicino i coevi film sui morti viventi, ruotando attorno a uno scienziato pazzo giapponese, capace di soggiogare mentalmente le sue vittime per creare un esercito di zombie.
A Batman segue Batman and Robin (1949), altro serial connotato dal medesimo contrasto tra atmosfere noir e realizzazione buffonesca (al costume di Robin vengono aggiunti in corsa dei pantacollant color carne, per coprire la vistosa peluria sulle gambe dell’attore). Nel 1966, è la volta della serie televisiva Batman, prodotta da 20th Century Fox e caratterizzata da un approccio più scanzonato, che vede l’esordio dei supercriminali, come il Joker, e l’apparizione su schermo delle onomatopee in stile comic. Sebbene questa seconda incarnazione televisiva del supereroe sia più pittoresca che trash, il successo internazionale della serie è la causa scatenante della “batsploitation” vera e propria.
Il fenomeno si origina e sviluppa nelle Filippine, dove, già nel 1965, era stato prodotto Alyas Batman at Robin, che vedeva i plagi asiatici del Dinamico Duo confrontarsi con un clone di Frankenstein. Nel 1966, a seguito del boom della serie televisiva americana, esordisce James Batman, che cala di peso il supereroe mascherato all’interno di una surreale spy fiction in stile James Bond, dove al posto della Spectre c’è una setta di discinte donne incappucciate.
Nell’anno successivo, arriva Batman Fights Dracula, in cui il Cavaliere Oscuro si scontra con il sosia filippino di Bela Lugosi. Il ciclo prosegue senza pietà con i due lungometraggi della serie Batwoman and Robin, entrambi del 1972. Qui, i personaggi del titolo sono interpretati rispettivamente dalla starlette del cinema d’azione locale Virginia Aristorenas e da suo figlio maggiore Robin (!).
Nel primo film, il duo combatte la Catwoman incarnata da una Sofia Moran reduce da Women In Cages (classico della sexploitation sulle donne carcerate), mentre nel secondo l’antagonista è una vampira che ricorda quelle viste nelle pellicole di René Cardona dedicate al luchador El Santo.
Anche il regista messicano stesso, tra l’altro, contribuisce alla causa della batsploitation, dirigendo La Mujer Murciélago (1969), dove una luchadora in bikini e maschera da Batwoman lotta contro un uomo-pesce che pare uscito da un tokusatsu giapponese à la Ultraman.
Tornando alla saga filippina, questa sembra concludersi nel 1979 con Fight Batman Fight!, i cui contenuti risultano oggi un mistero, in quanto le copie del film sono state distrutte poco dopo l’esordio, onde evitare ritorsioni legali da parte di una DC Comics ormai giunta al limite della sopportazione.
Quando pare che le tribolazioni filmiche dell’Uomo Pipistrello siano finite, spunta Alyas Batman en Robin (1991). Tra siparietti musical in cui danzano insieme Batman e un Joker dagli occhi a mandorla, gratuiti interludi con donne in bikini e l’irruzione finale di un nano vestito da Spiderman, l’ultimo colpo di coda della batsploitation filippina seppellisce definitivamente nel ridicolo l’icona del Cavaliere Oscuro.
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