Estate 1997: dopo aver ottenuto un successo clamoroso esattamente dodici mesi prima con Independence Day (ID4 per i pochi che lo considerano a suo modo una pietra miliare nella storia del cinema di fantascienza) Will Smith piazza la combo vincente: non solo è protagonista del film di maggior successo dell’estate americana, ma ne intepreta anche la canzone portante, dando un micidiale colpo al cerchio e alla botte. Il film è un’innocua cazzatella, ma è simpatico, pieno di gag, armi strane, mostri e tanto basta. Tre dovrebbe essere il numero perfetto ma l’anno seguente il Principe di Bel Air incassa un sonoro flop con Wild Wild West, uno dei film più imbecilli mai partoriti da mente yankee (e credetemi, ce ne vuole) nonchè un colossale spreco di accrocchi meravigliosamente steampunk. Il nostro eroe torna quindi ad indossare gli eleganti abiti in nero, ma MIB 2 ha una sceneggiatura pessima e nessuno ha davvero voglia di girarlo: gli incassi vanno benino, Smith è comunque oramai una star affermata e il brand viene messo in naftalina. Fino a oggi.
Di trilogie incomplete è pieno il mondo del cinema e molte di queste dovrebbero restare tali (ehi, chi ha detto Ghostbusters?). MIB rientrava appieno in questa categoria, ma siamo in periodo di ripescaggi e così, schiacciato tra Vendicatori macinarecord, Alieni che tornano sul luogo del misfatto e pipistrelli pronti a spiccare l’ultimo volo, ecco arrivare in sala il terzo episodio, vaso di coccio in mezzo a quelli di ferro. Eppure, nonostante uno script riscritto venti volte, problemi produttivi inimmaginabili e tonnellate di polvere formatesi sul brand, MIB3 funziona. A suo modo, non sempre, soggettivamente, ma funziona.
I paradossi temporali non deludono mai. Stavolta capita così che l’agente J (Will Smith, miglior effetto speciale del film, visto che è rimasto identico al 1997) debba tornare indietro nel tempo per salvare la pelle al collega K (il totemico Tommy Lee Jones), sacrificatosi per salvare la Terra dalla solita incombente minaccia aliena. J ha quindi l’opportunità di conoscere la versione giovane del suo amico (Josh Brolin, fisiognomicamente identico a Jones) e scoprire qualcosa di più sul suo passato.
MIB3 inizia come peggio non si potrebbe: l’inutile cameo di Nicole Scherzinger fa presagire un elenco sterminato di situazioni da “ehi guarda chi c’è” completamente slegate dalla narrazione. Invece, minuto dopo minuto, si torna alle atmosfere sgangherate e caciarone del primo film, a metà tra sci-fi retrò e opera nerd imbevuta di oggettistica fetish per tutti gli amanti dei ninnoli tecnologici. Barry Sonnenfeld, onesto mestierante, si barcamena come può con la caotica sceneggiatura su cui hanno messo le mani in troppi (e la verbosità di alcune situazioni lo dimostra chiaramente) ma riesce ad azzeccare almeno tre sequenze validissime e conferire al film quell’aura da sci-fi comedy che aveva reso così gradevole il primo capitolo.
Bestiario, gadget e una buona alchimia tra le doppie coppie Smith/Jones/Brolin, uniti ad una storia tutto sommato appassionante, rendono MIB3 un’opera scanzonata e gradevole, che, senza preoccuparsi troppo della continuity con gli episodi precedenti, funziona sia come film stand alone sia come chiusura di una trilogia che, ben lontana dall’aver riscritto i canoni della fantascienza, verrà ricordata come una piacevole divertissement estivo. Con due episodi buoni su tre. E adesso torniamo ad aspettare pazientemente il vero cinema e Prometheus…
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