Siamo nell’Europa del XIV Secolo e Wolfsmund, ovvero le “Fauci del Lupo”, è una fortezza che si staglia lungo il passo del San Gottardo, segnando il confine tra i territori italici e i tre cantoni svizzeri settentrionali, caduti sotto il controllo degli Asburgo. A presidiare la cittadella c’è il balivo Wolfram, un sadico vassallo del Duca Leopoldo d’Austria, che si è guadagnato il soprannome di “Figlio di Satana” per via della diabolica perspicacia con cui riesce a smascherare i ribelli della Confederazione svizzera, intenti ad attraversare il valico per dirigersi verso sud, con l’obiettivo di organizzare una rivolta contro gli oppressori imperiali.

Uno dopo l’altro i dissidenti cadono nei tranelli del funzionario asburgico, finendo per essere scoperti e pubblicamente giustiziati nei modi più atroci. Tanto orrore, però, non sembra spegnere l’eroica determinazione degli uomini e delle donne di Uri, Svitto e Untervaldo, che continuano a elaborare piani machiavellici per ingannare lo sguardo insidioso di Wolfram. Così, il destino di un popolo viene scritto con il sangue sulle mura del maniero maledetto, che si erge solitario tra i picchi aspri e innevati delle Alpi.

 

Queste, in sintesi, le premesse di Wolfsmund, un’opera scritta e disegnata da Mitsuhisa Kuji, autore formatosi sulle pagine di Berserk, come assistente di Kentarou Miura. Kuji elabora in maniera personale la poetica del suo mentore, dirottando i capisaldi stilistici del fantasy à la Miura verso la fiction storica. Da Berserk torna l’accurata ricerca iconografica sottesa alla rappresentazione di armi, armature e strutture architettoniche, nonché l’eccezionale dinamismo delle tavole, che riescono a fotografare l’azione “in fieri”, senza per questo rinunciare al dettaglio grafico o alla resa realistica dell’inerzia.

Non manca, ovviamente, la raffigurazione della ferocia tipica del Medioevo europeo, espressa in tutta la sua crudezza attraverso un linguaggio anch’esso analogo a quello di Miura, dove la spettacolarizzazione della violenza si sposa con torbidi interludi carnali, per restituire uno spaccato vibrante della bestiale natura dell’uomo. Sebbene tutti questi elementi siano dosati con misura, per far rimanere Wolfsmund entro i confini della rievocazione storica, la loro miscela conserva un’elevata potenza espressiva, in grado di esaltare l’aura romantico-cavalleresca di eventi e personaggi avvolti nel limbo tra finzione e realtà (a un certo punto entra in scena finanche il leggendario Guglielmo Tell).

 

Dove Kuji si discosta sensibilmente dal proprio maestro è nel character design, piuttosto convenzionale e ai limiti dello shounen, tanto da poter sembrare in un primo momento fuori luogo. Nel giro di poche pagine, però, ci si accorge che i lineamenti efebici dei personaggi e il tenore violento della narrazione creano un contrasto agghiacciante, capace di far contrarre lo stomaco dei lettori avvezzi ai seinen più truci.

Ciò va in risonanza con lo stridente abbinamento tra l’ambientazione claustrofobica della fortezza cinta dalle montagne e una trama aperta, corale, che si dipana gradualmente attraverso le tragiche storie di numerosi protagonisti, dove le atrocità sul piano fisico, come torture o abusi, s’intrecciano al degrado morale di tradimenti e pulsioni abiette, pennellando uno scenario cupo, squarciato solo da sporadici atti di coraggio.

Wolfsmund è un manga amaro, intenso, opprimente, a tratti scioccante, adatto a chi desidera emozioni forti, costruite con la pietra e l’acciaio del Medioevo più terribile.



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Piero Ciccioli

Coniuga da anni la sua professione di ricercatore scientifico a quella di articolista e saggista specializzato in videogiochi, cinema d’exploitation, horror, fumetti e nei più disparati prodotti di entertainment d’origine nipponica. Nutre una viscerale predilezione per tutto ciò che è weird e sogna di radere al suolo una riproduzione in cartapesta di Tokyo, vestito da Godzilla.

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1 Comment

  1. mmm…mi ricorda troppo l’ultimo periodo di berserk, tutto torture e shock ma poco contenuto.
    magari un occhiata gliela darò anche ma non mi aspetto granchè anche se il recensore ne parla bene.

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